domenica 20 novembre 2011

29 ottobre-3 novembre 1975

Con i dati che abbiamo acquisito è possibile tracciare una ricostruzione di quello che è successo in casa Santangelo nelle fasi immediatamente precedenti e successive alla strage di cui sono stati vittime. Questi dati saranno certamente utili per aiutare i lettori a "inquadrare" meglio gli ultimi, salienti passaggi di questa inquietante vicenda.

-mercoledì 29 ottobre: Angela Santangelo si reca, come ogni mattina da 1 anno e mezzo, presso il suo posto d'impiego, gli uffici dell'Inam della sede di Fuorigrotta (Napoli), in via Davide Winspeare. Copre il turno solo per mezza mattinata però: non si sente molto bene e i colleghi (che se ne accorgono) le consigliano di tornare a casa. Rientra presso la propria abitazione, dove trova la sua matrigna, Gemma Cenname. Gemma è a riposo infatti: martedì 28 ottobre ha preso le ferie per due giorni di durata dalla clinica "Villa del Pino", al corso Vittorio Emanuele 494 (Napoli), dove lavora come ostetrica dal 1 aprile 1972. Deve rientrare in servizio venerdì 31 ottobre mattina, per dare il cambio ad una sua collega, Giuseppina Maida.

-giovedì 30 ottobre: Domenico Santangelo (il papà di Angela) esce di casa nel corso della prima mattinata. Lascia la figlia senza di lui (cosa che, abitualmente, non faceva mai se Angela restava nell'abitazione senza altra compagnìa) perchè sa che con la ragazza resta la sua seconda moglie, Gemma Cenname. Prende la sua Lancia Fulvia berlina color amaranto dal garage condominiale del "parco Fabi" (via Caravaggio 76, di lato al suo palazzo) e si reca presso il corso Umberto I°, a Napoli. Verso le 9:30 lascia in sosta l'auto su un marciapiede di via Saverio Baldacchini e va a trovare un suo amico di lunga data che fa il commerciante e che si chiama Federico Corrado. Corrado, di lì a qualche giono dopo, avrebbe aperto un negozio di abbigliamento in via Medina 19, nei paraggi del corso Umberto I°.
A casa, alle ore 9:00, Angela riceve una visita medica del dottor Antonio Gaudio (il medico privato di famiglia), che le diagnostica uno stato influenzale. Durante la permanenza del dottor Gaudio in casa Santangelo, Gemma e Angela ricevono una visita di Fausta Cenname, una nipote di Gemma che frequenta la donna e che spesso va a trovarla nel suo studio privato di ostetrica, in via Mario Fiore 49 (Napoli). Alle ore 12:30 Angela riceve invece una visita fiscale affidata al dottor Alberto Della Corte: il dottor Della Corte è infatti un medico della sede Inam di Fuorigrotta (lo stesso ufficio di Angela). La sua visita è stata disposta dal dottor Giuseppe De Laurentiis, il collega di Della Corte e colui che conosce Angela e suo padre Domenico da molti anni, che abita vicino casa della ragazza e che l'ha seguita quando la ragazza è entrata a lavorare proprio nel suo stesso ufficio di Napoli, nella primavera del 1974. De Laurentiis ha preannunciato ad Angela la visita fiscale di Della Corte, telefonandole a casa.

Terminata intanto la visita al suo amico Federico Corrado, *Domenico Santangelo s'accorge (tornando all'auto) che la sua Lancia Fulvia è in avarìa. Non parte. Decide di lasciarla lì, chiudendola regolarmente a chiave, e di rientrare a casa con i mezzi del trasporto pubblico.

                                                                      
                      (*La Lancia Fulvia berlina color amaranto di Domenico Santangelo - fotografata la sera del 10 novembre 1975 presso la sede della Questura centrale di Napoli)

Nel corso della mattinata esce di casa anche Gemma Cenname, che si reca al suo studio di ostetrica in via Mario Fiore 49 (Napoli).

*ore 15:00-15:30: una inquilina di via Caravaggio 78, la signora Carmen De Vita, nota Domenico Santangelo e sua moglie Gemma Cenname. Sono vestiti come per un ricevimento e stanno camminando lungo il viale antistante il loro palazzo.

*ore 19:40: Domenico Santangelo parla al telefono con il vice questore Gaetano Morabito, suo patrigno.

*ore 20:35: Nicola Sceral telefona in casa Santangelo per parlare con Angela. La conversazione non dura molto: la ragazza gli dice che è influenzata e che l'indomani non si recherà sul posto di lavoro, cioè all'Inam. Però gli dice anche che si sente meglio (evidentemente Angela si riferiva al fatto di essere comunque sfebbrata) e che forse si sarebbero visti. Nicola dice che non passerà presso la casa di Angela quella sera perchè il padre di lei gli mette soggezione e perchè preferisce andare al cinema con i suoi amici Di Giulio, Laganà e Campilongo. Dice comunque che l'indomani le avrebbe telefonato di nuovo.

*ore 21:00: Ada Ianniello (moglie del generale medico Bruno De Lillo, parente e amico di Gemma Cenname - la signora Cenname, in quanto ostetrica, assistette al parto delle figlie dei coniugi De Lillo; n.d.r.), telefona in casa Santangelo per parlare con Gemma Cenname. Al telefono la Ianniello sente la signora Cenname serena e tranquilla.

*ore 22:00-22:30: Angela decide di scrivere una nuova lettera al suo fidanzato, Nicola Sceral (gliene ha infatti scritte anche altre, nel corso della stessa giornata: per la precisione alle ore 7:30, 9:00, 11:20, 11:50, 13:35, 14:20, 18:00, 21:50; gli orari si evincono dal contenuto delle lettere perchè Angela li ha segnati sui fogli di carta). Il suo contenuto: "Ciao Nico, ho deciso di scriverti per chiarire alcune cose di noi. Con te ho provato e conosciuto cosa è: la dolcezza, la tenerezza, l'amore, la gioia di trovare te alla fine di una giornata di lavoro, la voglia di stare con te e di non lasciarti mai, la gelosia. Sono le 22:30. Chiudo perchè si è fatto tardi e mi auguro di dormire. Riprenderò domani mattina".

*dopo le ore 23:00: Domenico Santangelo e Gemma Cenname si portano in cucina ed iniziano a cenare. Angela non tiene loro compagnìa perchè è influenzata e forse perchè non ha appetito. Qualche attimo dopo, si presenta, presso l'abitazione, l'assassino. Domenico Santangelo (un tipo solitario che in casa sua non riceveva quasi nessuno, neanche gli amici di Angela e neanche il portiere Ugo Putti quando questi saliva a consegnargli la posta condominiale, e che, essendo pauroso, bloccava sempre la porta d'ingresso con una catena e apriva a persone che conosceva bene, dopo essersene accertato della loro identità) fa entrare in casa sua l'assassino. Nonostante è tardi e nonostante lui e la moglie stanno cenando, mentre Angela è influenzata. Con loro, in casa, i Santangelo hanno un cane, un yorkshire di nome Dick. Nessuno lo sente abbaiare.

*ore 23:30: Caterina Simonelli (una inquilina del terzo piano del palazzo di via Caravaggio 78, che in quel momento sta dormendo nella sua camera da letto, situata in posizione sottostante alla cucina e a parte del corridoio di casa Santangelo) sente un grido soffocato di donna e un tonfo. Successivamente avverte una serie di rumori strani che durano fino all'1:00 del mattino.

-venerdì 31 ottobre

*verso le ore 1:00: Beatrice Putti (una inquilina del terzo piano di via Caravaggio 78, che in quel momento sta dormendo nella sua camera da letto, situata in posizione sottostante alla stanza-studio di Domenico Santangelo) sente dei rumori provenire dal piano di sopra, l'appartamento dei Santangelo. Rumori prodotti come da qualcosa di pesante che viene trascinato da un punto all'altro della casa. Poi sente rumori di passi, come se qualcuno si stesse allontanando dall'abitazione.

*ore 1:00-ore 3:00: Caterina Simonelli non avverte più rumori provenienti da casa Santangelo.

*ore 3:00-ore 5:00: Caterina Simonelli si sveglia di nuovo perchè, da casa Santangelo, avverte nuovi rumori prodotti da passi decisi che si muovono avanti e indietro per tutto l'appartamento e che non fanno nulla per nascondere la loro presenza. In più, la signora Simonelli avverte la sensazione che lungo il pavimento di casa Santangelo fosse trascinato qualcosa di pesante. L'inquilina ha però una certa impressione: è come se nell'appartamento del massacro avvertisse i movimenti di due persone e non una. Due persone che agiscono contemporaneamente ma in due punti diversi dell'appartamento dei Santangelo.

*ore 5:13-5:19: l'assassino prende una copia di chiavi dell'appartamento dei Santangelo, stacca il contatore dell'energia elettrica e va via, chiudendo la porta d'ingresso a 2 mandate.

Nell'appartamento ha ucciso Domenico, Gemma, Angela e il loro cagnolino Dick. Con il basamento di un sopramobile o con quello di un fermacarte ha procurato lesioni letali alla testa di Angela (che si trovava nella camera da letto del padre e della matrigna, ferma sul pavimento della stanza), sfondandole il cranio e dunque uccidendola subito (nel tentativo di difendersi, Angela ha riportato una ecchimosi escoriata al dorso della mano destra); ha tramortito violentemente sia Gemma Cenname (che si trovava in cucina, seduta al tavolo) sia Domenico Santangelo (colpito tra il lato della scrivania e un mobile-radio, nel suo studio). Ha soffocato il cagnolino Dick (che era nello studio, vicino a Domenico Santangelo) con una coperta.

Con un coltello dalla lama seghettata e con la punta bifida (preso dalla cucina), l'assassino ha assestato cinque colpi da punta e taglio ad ambedue i lati del collo di Angela (che però è già morta) e due colpi da punta e taglio all'epigastrio della ragazza (l'epigastrio è quel punto del tronco compreso tra la gabbia toracica e l'ombelico); ha assestato sei colpi da punta e taglio ad ambedue i lati del collo di Gemma Cenname, recidendo i grossi vasi sanguigni e uccidendola; ha colpito alla gola Domenico Santangelo, uccidendolo con un solo colpo e coprendosi con un cuscino. Ad un certo punto, con le mani macchiate di sangue si è affacciato alla finestra del soggiorno, imbrattando il davanzale. Pulisce la lama (macchiata di sangue) del coltello sulla tovaglia del tavolo della cucina.

Con dei guanti di gomma (da cucina) alle mani è passato alle fasi successive: nel bagno padronale, ha riempito la vasca con 15-20 centimetri d'acqua fredda. Ha preso il cagnolino Dick, avvolto dentro una coperta, e lo ha adagiato dentro la vasca. Ha afferrato Domenico Santangelo per le gambe e lo ha trascinato dallo studio al bagno padronale, fermandosi per qualche istante a metà percorso. Nella vasca lo ha depositato a faccia in giù, con la schiena rivolta verso il soffitto (la testa verso il lato-ingresso del bagno, i piedi verso il fondo della stanza). Adoperando un plaid, ha trascinato dalla cucina al bagno padronale Gemma Cenname. Nella vasca l'ha depositata sopra al marito e con il plaid sotto il cadavere di lei. Anche Gemma Cenname è stata adagiata a faccia in giù, con la schiena verso il soffitto. In posizione esattamente contraria a quella del marito Domenico: la testa di lei sopra i piedi del marito, verso il fondo della stanza; i piedi di lei sopra la nuca del marito, verso il lato-ingresso del bagno.

Nella camera da letto dei Santangelo, l'assassino ha avvolto il corpo di Angela dentro lenzuola e coperte. Quasi mummificandola, facendone "inghiottire" e sparire il corpo. L'ha sollevata dal pavimento e l'ha lasciata sul letto del padre e della matrigna. Poi ha preso una vestaglia e ha coperto la pozza di sangue formatasi e allargatasi sul pavimento. Si è sfilato dalle mani i guanti di gomma e li ha gettati, rovesciati, in un angolo dell'antibagno padronale, facendoli cadere dietro una sedia.

Quando gli inquirenti scopriranno la strage (la sera di sabato 8 novembre 1975) troveranno che l'assassino ha portato via dall'appartamento il corpo contundente ed il coltello con i quali ha fatto la strage. E noteranno delle cose interessanti: l'autore del crimine ha lasciato impronte di scarpa in alcune macchie di sangue sui pavimenti della casa (numero 41-42) e ha rovistato in camera di Angela. Ha aperto, e lasciato in quel modo, il primo cassetto della scrivania e ha messo le mani dentro la borsa di Angela, lasciandola aperta e con parte del suo contenuto sparpagliato, sul letto della ragazza (risulta mancare un diario di Angela). Sul pavimento del salotto vengono trovati dei frammenti di vetro, compatibili con la lente di un paio di occhiali da vista. In casa ci sono anche tre mozziconi di sigaretta gettati sul pavimento.


Daniele Spisso

venerdì 7 ottobre 2011

Intervista al giornalista Giovanni Virnicchi

Giovanni Virnicchi è un ex cronista de "Il Mattino" che la sera dell'8 novembre 1975 fu tra i primi (assieme ad altri suoi colleghi, come l'allora corrispondente del "Roma" Marisa Figurato) ad arrivare in via Caravaggio 78 (quando fu scoperta la strage). Nelle settimane successive, Virnicchi scrisse diversi articoli su questo inquietante caso di cronaca. Ho avuto la possibilità e la fortuna di incontrarlo e gli ho chiesto alcune curiosità su questa terribile storia. Chi meglio di lui (memoria storica di questa vicenda) avrebbe potuto aiutarmi in tal senso. Lo ringrazio molto per la sua disponibilità e cortesìa.

Virnicchi come venne a sapere della strage la sera dell'8 novembre 1975?

Arrivò in redazione la notizia che in via Caravaggio forse c'erano delle persone che erano morte all'interno di una abitazione. Sembrava comunque che si trattava di qualcosa di importante. Così presi la macchina e mi recai sul posto.

Che impressione le fece la scena del triplice delitto?

Si capiva che c'era stato un massacro feroce. Osservai ad una distanza di qualche metro le stanze in cui si trovavano i tre cadaveri e mi resi subito conto che eravamo dinanzi ad un triplice delitto davvero cruento. La prima cosa che pensai fu questa: chi aveva compiuto quella strage doveva essere una persona robusta.

Virnicchi lei è stato presente al sopralluogo: può dirci, se lo ricorda, come mai il cagnolino dei Santangelo, Dick, fu trovato 5 giorni dopo la scoperta della strage?

Il cane era avvolto in una coperta e si trovava sul fondo della vasca da bagno, sotto i corpi dei suoi padroni. Un operatore della polizia scientifica afferrò questa coperta con un bastone, la sollevò dalla vasca e la fece gocciolare sul pavimento. Vide che non usciva nulla da sotto e la fece cadere, lasciandola lì. Poi, 5 giorni dopo, gli addetti ai lavori tornarono sulla scena del delitto per un altro sopralluogo, presero quella coperta e la aprirono. Dentro trovarono i pochi resti del cane. La prima volta avevano pensato che non ci fosse nulla nella coperta proprio perchè era rimasto ben poco della povera bestiola. (Sembra, tuttavia, che la sera del primo sopralluogo gli operatori della scientifica erano sprovvisti dei guanti per immergere le mani nel liquame della vasca da bagno e che, solo dopo 5 giorni, la vasca fu svuotata, rinvenendo la coperta con dentro i resti del yorkshire Dick; n.d.r.)

Erano molte le persone presenti nell'appartamento durante il sopralluogo? ricorda qualche errore operativo da parte degli addetti ai lavori, di cui fu testimone oculare?

Oltre ai funzionari di polizia e della scientifica c'era un magistrato, il dottor Fausto Esposito, e poi venne il medico legale per un sopralluogo, il professor Achille Canfora. Ricordo che, in un certo momento, fu trovata una ciocca di capelli di colore biondo e qualcuno lo ritenne un indizio. Invece la ciocca apparteneva se non sbaglio ad una collega della ragazza, Angela, che era arrivata lì e che qualche giornalista intervistò sul posto. La ragazza era bionda e passandosi una mano nei capelli aveva perso la ciocca. Lo feci notare io stesso agli investigatori.

Gli investigatori valutarono più piste investigative nel momento in cui partirono le indagini preliminari?

Per quel che ricordo posso dirle che in realtà la polizia tendeva a non credere molto alla pista-Domenico Zarrelli. Poi nacque invece questa convinzione alla Procura di Napoli e quindi ci si orientò su questa unica strada. (questa notizia trova conferma anche nella puntata di "Telefono Giallo" sul caso, andata in onda il 23 dicembre 1988. Durante la trasmissione, infatti, l'ex giornalista di "Paese sera" Luigi Ricci, ospite in studio, disse che l'allora neo Questore di Napoli, dottor Pasquale Colombo, incaricò il viceQuestore, dottor Mariano Barrea, di battere piste alternative, rimaste però in seguito "inesplorate" per la forte direzione presa invece dalla Procura di Napoli su Domenico Zarrelli. Tant'è vero che il dottor Barrea ammise, poi, in sede processuale che dovette cercare eventuali piste alternative senza informare il magistrato competenente sul caso via Caravaggio, per via della forte direzione data invece dalla Procura su Domenico Zarrelli. Tra l'altro, l'avvocato Mario Zarrelli chiese al dottor Franco Mincione, funzionario della sezione scientifica della polizia di Napoli, la cortesìa di poter verificare le impronte digitali estranee, rinvenute nell'appartamento del triplice delitto, con quelle del sospettato Annunziato Turro. Ma il dottor Mincione rispose: "Non possiamo farlo, avvocato, perchè altrimenti la magistratura ci incrimina"; n.d.r.)



Daniele Spisso  

lunedì 3 ottobre 2011

La strage - "Il Mattino" e il "Roma"

"Il Mattino" e il "Roma" sono due importanti e celebri quotidiani napoletani. Nel novembre 1975 hanno raccontato in maniera molto particolareggiata la tragica e inquietante vicenda della strage di via Caravaggio. Questi sono alcuni dei dati più importanti che ci vengono restituiti dalla memoria storica delle loro pagine su questo caso. Sono utili perchè indicano spunti interessanti, soprattutto in considerazione delle piste alternative che possono spiegare questa strage (specie per quanto riguarda la pista-De Laurentiis).

*L'assassino avrebbe parzialmente spogliato Domenico Santangelo dopo averlo ucciso:
Domenico Santangelo, infatti, fu trovato nella vasca da bagno a torso nudo. Indossava soltanto il pantalone e le scarpe, e portava al polso un orologio. Un particolare molto strano che fa pensare ad un'azione dell'assassino: quella di spogliarlo parzialmente. Difficile infatti immaginare che il Santangelo si muoveva in casa a torso nudo con un ospite presente nella propria abitazione ed è difficile immaginare che, in ogni caso, sarebbe stato il Santangelo a denudarsi parzialmente. Il 30 ottobre 1975 fu una serata particolarmente fredda: è provato dal fatto che Gemma Cenname aveva con se, in cucina, una borsa in gomma per l'acqua calda ed è provato anche dal fatto che quella stessa sera l'appartamento risultò avere il sistema di riscaldamento interno in funzione.

*La scelta della vasca da bagno - differenza di trattamento con Angela:
 L'assassino aveva certamente bisogno di prendere tempo ed è per questo motivo che fa ritardare la scoperta della strage, arrivando ad uccidere anche il cane Dick. E sceglie la vasca da bagno perchè si rende conto (come suggeriscono i giornali) che lo scarico del bagno assorbe i liquami della decomposizione. Ma certamente vuole anche "ostacolare i rilievi medico legali" (professor Zangani). Tuttavia, l'omicida riserva ad Angela un trattamento diverso: la avvolge con lenzuola e coperte e la lascia sul letto matrimoniale del padre e della matrigna. Se avesse voluto farlo, avrebbe potuto portarla nel bagno di servizio (i Santangelo infatti avevano due bagni in casa: uno padronale e l'altro di servizio). Non lo fece invece. Ad Angela aveva riservato un trattamento speciale. Il plaid con il quale fu trascinata Gemma Cenname funse quasi da "rudimentale barella" (come scrissero i giornali dell'epoca).

*Era così difficile arrivare al colpevole?:
I giornali napoletani del 1975 forniscono una ricostruzione molto chiara dei Santangelo. Erano persone che non avevano amicizie o frequentazioni nel palazzo di via Caravaggio 78 (Domenico Santangelo e sua figlia Angela vi abitavano da alcuni anni; Gemma Cenname da un anno) e a stento o mai salutavano gli altri condomini; non ricevevano quasi mai nessuno nel loro appartamento (interno 21 - quarto piano), neanche il portiere (che restava sulla soglia della porta d'ingresso quando saliva dai Santangelo a consegnare loro la posta); i condomini li incontravano molto di rado nel palazzo (tanto che alcuni praticamente quasi non li conoscevano) e notarono da parte loro un atteggiamento scostante e un pò antipatico (solo Angela, la ragazza, era più socievole); il loro vicino di balcone (l'ufficiale turco della Nato Ayhan Orzbek, residente in via Caravaggio 78 da giugno di quel corrente anno) non li vide mai affacciati durante l'estate del '75; il portiere li vedeva solo un paio di volte la settimana; non ricevevano molta corrispondenza postale e alcune volte restava in giacenza per giorni in guardiola (tanto che il portiere saliva presso il loro appartamento per consegnarla); i condomini più che altro li notavano quando i Santangelo uscivano per motivi di lavoro (qualcuno li notava generalmente nel tardo pomeriggio, dalle 17 in poi). Il portiere Ugo Putti e l'inquilino Felice Simonetti, ad esempio, notavano di mattina presto Angela: ogni mattina, alle 7, la ragazza scendeva il cagnolino Dick in strada per 5 o 10 minuti, poi citofonava per farlo risalire e si recava al lavoro, prendendo la sua A112 dal garage condominiale di lato al palazzo. Domenico Santangelo era una persona molto paurosa: non apriva mai a chiunque o a persone di cui non si fidava. Quando qualcuno bussava, vedeva allo spioncino di chi si trattava e dopo essersene accertato bene toglieva la catena che bloccava la porta e apriva (faceva così anche quando saliva il portiere, Ugo Putti, a consegnargli la posta). Era un padre che viveva per Angela, sua figlia, specialmente da quando era rimasto vedovo (nel gennaio 1973), aveva solo due amici (Federico Corrado, negoziante, e Francesco Zoccano, appuntato della Polizia stradale) e due parenti che vedeva raramente (un fratello, Gaetano, che viveva a Roma e una sorellastra che viveva a Pescara). Era molto attento alle compagnìe che Angela frequentava e generalmente non faceva ricevere ad Angela gli amici di lei in casa propria. Voleva che Angela tornasse a casa, la sera, alle 21 (massimo 21:30) e quando c'era la ragazza in casa (da sola), vi restava anche lui. Gemma Cenname (ex insegnante; sui propri bigliettini da visita aveva fatto scrivere "insegnante-ostetrica") si dedicava (con turni di 24 ore a frequenza bisettimanale) al suo lavoro di ostetrica (in maniera molto precisa e diligente) e al marito e generalmente frequentava i suoi parenti che vivevano a Camigliano (Caserta). Domenico Santangelo, ex studente di medicina ed ex capitano di lungo corso (nonostante alcuni fatti oscuri del suo passato: l'accumulo un pò misterioso di una discreta fortuna che gli aveva permesso di vivere in maniera benestante, un licenziamento per il sospetto di furto di 28 milioni di lire dalla cassa delle imprese Lauro nel '71, dopo 11 anni di impiego come amministratore di condomini del rione Lauro a Napoli, la morte nel '73 della prima moglie in circostanze sospette), non risultò coinvolto in nessun episodio particolare che potesse spiegare la sua uccisione (l'unico svago che si concedeva era il gioco del lotto e ogni tanto impegnava alcuni gioielli della prima moglie o ricorreva ai prestiti della figlia per pagare le spese condominiali, perchè non voleva chiedere denaro a Gemma Cenname, in una occasione non disposta oltre tutto a prestargli il suo denaro per il pagamento del condominio). Nel settembre '75 aveva trovato un lavoro come rappresentante di una ditta di forniture igienico-sanitarie per ospedali. Angela era stata assunta presso l'Inam di Fuorigrotta (dopo aver conseguito con gli studi un diploma magistrale) nella primavera del 1974 (impiegata amministrativa, gruppo B, 150.000 lire al mese-addetta agli sportelli aperti al pubblico, dattilografa, istruiva le pratiche), prendendo lo stesso, identico posto che sua madre, Eleonora Lo Cascio, aveva lì occupato per trent'anni. Fino alla primavera del '75 Angela aveva frequentato una comitiva di piazza Amedeo (e aveva avuto una breve avventura con un giovane, Roberto Sorrentino, che giocava nella "Primavera" della squadra di calcio del Napoli): suoi coetanei che Angela però non ospitava mai in casa propria, per via del padre Domenico (al quale i ragazzi di piazza Amedeo non erano graditi). Poi conobbe il 23enne Nicola Sceral (sul quale torneremo più avanti). Nicola Sceral era stato poche volte in casa Santangelo (vi andò ad esempio il 2 ottobre '75, in occasione di una festa della ragazza). Quando andava a trovare la ragazza in via Caravaggio, in genere lui e lei si trattenevano sulle scale infatti.

*Le opinioni degli investigatori, dei giornalisti e dei pochissimi amici attraverso i giornali:
"L'assassino era intimo ai Santangelo" (la polizia); "L'assassino fu un ospite che si trattenne nell'appartamento anche prima del massacro" (la polizia); "L'assassino ha agito come un folle lucido e ha agito d'impeto. Non aveva premeditato la strage" (la polizia); "Li ha uccisi o la malavita del casertano o un pretendente di Angela" (Gaetano Morabito, ex Questore di Napoli, patrigno di Domenico Santangelo); "Un massacro sproporzionato per qualsiasi movente" (la polizia); "L'assassino è un amico o un parente" ("Il Mattino", titolo in una pagina interna).

*Le sigarette trovate nell'appartamento:
Il "Roma" scrisse che furono rinvenuti nell'appartamento della strage i mozziconi di tre tipi di marche di sigarette: Mercedes ed MS nel posacenere della stanza-studio e Gitanes senza filtro su alcuni punti del pavimento dell'abitazione. Se fosse così, di certo non tutte erano state fumate dall'assassino: magari una di quelle del posacenere scaturiva da un inquinamento della scena del crimine, l'altra marca di sigarette trovata nel posacenere poteva essere stata fumata da Domenico Santangelo (lui era fumatore - cosa dimostrata dal fatto che tra i suoi conti, che annotava scrupolosamente, risultano segnate talvolta anche delle sigarette), le Gitanes senza filtro dall'assassino.

Sul sospettato Annunziato Turro (sul quale gravano quasi zero indizi) non sappiamo se era fumatore. Il dottor De Laurentiis (sul quale gravano pesanti e gravi indizi) era fumatore. Nel '75 il medico faceva uso di sigarette Gitanes senza filtro o Mercedes o MB? Bisogna scoprirlo.

*Le impronte digitali estranee alle vittime:
Gli investigatori trovarono solo frammenti di impronte digitali. Tracce infinitesimali, "sufficienti ad escludere ma non ad accertarne l'appartenenza"  (come dichiarò ai giornali il Sostituto Procuratore di Napoli Italo Ormanni).

L'assassino, dopo aver ucciso le tre vittime, impiegò dei guanti di gomma trovati in cucina. Con questi guanti chiuse anche l'interruttore della luce della stanza-studio di Domenico Santangelo. A cose fatte, se li sfilò e li gettò rovesciati sul pavimento dell'antibagno. Facendoli cadere dietro una sedia.

*Le valutazioni del professor Achille Canfora (uno dei tre medici legali):
Questo è quanto ha dichiarato il professor Achille Canfora sulla base dell'autopsia da lui eseguita sui Santangelo il 9 novembre 1975 (ripreso da il "Roma" qualche giorno dopo): "L'assassino ha assestato alla carotide delle tre vittime un taglio preciso. Dato con una certa perizia tecnica. L'omicida è un soggetto che ha minimo 30 anni, massimo 45 anni (la violenza dei colpi vibrati impone di non superare questa soglia anagrafica). Ha una altezza compresa tra 1 metro e 60 centimetri ed 1 metro e 70 centimetri. Ha una corporatura robusta e forte ma è agile. E' senza un'oncia di grasso ed ha una muscolatura possente. Ha una conoscenza almeno delle prime nozioni di medicina e, in particolare, del corpo umano e della posizione degli organi principali. E' dotato di sangue freddo. Doveva essere di qualche centimetro più basso delle vittime perchè ha colpito al capo nella parte bassa, come se si fosse trovato qualche centimetro più giù delle vittime. Sapeva, e bene, dove è esattamente la carotide. Quindi o ha studiato il corpo umano oppure la sua è un'abitudine professionale".

Daniele Spisso

sabato 1 ottobre 2011

Intervista a Maria Rosaria Capuozzo

La signora Maria Rosaria Capuozzo lavorava nel 1975 presso la clinica "Villa del Pino" (al corso Vittorio Emanuele, Napoli), nella quale era impiegata Gemma Cenname, la moglie di Domenico Santangelo e la matrigna di Angela. L'ho contattata e le ho chiesto se era disponibile a rilasciarmi una breve intervista. La signora è stata molto cortese e mi ha risposto di si. Di seguito riporto quanto mi ha gentilmente detto nel corso del nostro colloquio.

Buongiorno signora Capuozzo, la ringrazio molto per aver deciso di rilasciarmi alcune dichiarazioni sulla signora Cenname.

Buongiorno a lei, si immagini.

Come ebbe modo di conoscere la signora Gemma Cenname?

La conobbi perchè negli anni '70 lavoravo presso l'ufficio amministrazione della clinica "Villa del Pino". In questa clinica la signora Cenname svolgeva la professione di ostetrica.

La vedeva spesso all'interno della clinica?

In genere la incontravo quando si recava nel mio ufficio.

Avevate mai avuto modo o occasione di parlare di cose personali che la riguardavano? ad esempio confidenze fatte da lei sui suoi rapporti familiari (*i suoi rapporti con il marito Domenico e con la figliastra Angela; n.d.r.)?

Ricordo di no, anche perchè era una persona molto riservata. Posso dirle comunque che la signora Cenname era molto felice quando si sposò (*con Domenico Santangelo, il 28 ottobre 1974; n.d.r.). Ricordo soprattutto questo: la felicità che lei manifestò al momento del suo matrimonio.

Quindi la signora Cenname lavorava presso la clinica già un anno prima di essere uccisa?

Si (*Gemma Cenname, come poi ho saputo successivamente a questa intervista, fu assunta infatti presso la clinica "Villa del Pino" precisamente il 1 aprile 1972; n.d.r.).

Ha qualche ricordo di lei in merito agli ultimi giorni antecedenti al tragico assassinio? La vedeva magari preoccupata negli ultimi giorni?

Sfortunatamente non posso esserle d'aiuto su queste due domande perchè dopo 36 anni molti miei ricordi sono sfumati.

Ricorda qualcosa di quei 9 giorni (31 ottobre - 8 novembre 1975) nel corso dei quali la signora Cenname non si presentò più al lavoro e non dette più notizie di se?

Si, ricordo che in clinica ci preoccupammo tutti (Gemma Cenname aveva fatto l'ultimo turno il 28 ottobre e doveva rientrare in servizio il 31 mattina per dare il cambio ad una sua collega, la signora Giuseppina Maida; n.d.r.). Ci preoccupammo perchè la signora Cenname era una persona molto precisa sul lavoro e quindi ci chiedevamo come mai non stava più venendo a "Villa del Pino" e senza dare sue notizie.

Vi attivaste per saperne qualcosa?

Dopo qualche giorno telefonammo ai suoi parenti (*i Cenname; n.d.r.), facendo presente che la signora Gemma non si stava più recando al suo posto di lavoro e che non avevamo più notizie di lei (*fu infatti per questo motivo che l'avvocato Mario Zarrelli, nipote di Gemma Cenname, venne a sapere della mancanza di notizie della zia. Assieme alla moglie, Elisa Testa, e ad una sua cugina, Fausta Cenname, l'avvocato iniziò le ricerche: prima si recò in via Caravaggio per accertarsi di persona di questa mancanza di notizie; poi [utilizzando una copia di chiavi posseduta da sua madre, Evelina Cenname, sorella di Gemma] si portò allo studio da ostetrica della zia, in via Mario Fiore, per vedere se, come d'accordo con i parenti di Domenico Santangelo da lui consultati, trovava un doppione delle chiavi dell'appartamento di via Caravaggio, evitando così di dover buttare giù la porta d'ingresso di casa Santangelo. L'avvocato si recò lì anche per mettere al riparo, su indicazione e consiglio di sua cugina Fausta Cenname, alcuni documenti della zia Gemma [trascorsi passionali della donna] per ragioni di privacy; infine si recò in Questura a denunciare la strana e misteriosa circostanza. Tornò in via Caravaggio con i funzionari della Mobile di Napoli e con i vigili del fuoco, scoprendo anche lui l'orribile strage; n.d.r.) - (*prima che fossero contattati telefonicamente i parenti della Cenname, il direttore della clinica inviò una infermiera in via Caravaggio. L'infermiera chiese informazioni al portiere del palazzo in cui abitava la signora Cenname e questi disse che forse i Santangelo erano andati fuori perchè non vedeva parcheggiata nel garage condominiale l'auto di Domenico Santangelo, il marito della Cenname; n.d.r.) 

La notizia della strage che reazioni vi suscitò?

Rimanemmo scioccati. Era una cosa che nessuno di noi avrebbe mai potuto immaginare.

La ringrazio ancora una volta per la sua collaborazione signora Capuozzo.

Grazie a lei.

Daniele Spisso

venerdì 16 settembre 2011

Intervista al professor Pietro Zangani

Pubblico il testo di una intervista che mi ha rilasciato il professor Pietro Zangani, medico legale dell'Università degli studi di Napoli che il 10 novembre 1975 collaborò (assieme al professor Achille Canfora, oggi deceduto; n.d.r.) all'autopsia sui Santangelo e, qualche giorno dopo, sul loro cagnolino Dick.


-Professore, la ringrazio molto per aver deciso di concedermi questa intervista.
Grazie a lei.

-Professor Zangani, nel verbale dell'autopsia (divulgato pubblicamente dalla trasmissione tv "Telefono Giallo" nel 1988) risultano riportati i seguenti dati in merito all'analisi degli organi genitali di Angela Santangelo: "Utero di forma e volume normale; sulla vagina un tampone lievemente imbibito di sangue verosimilmente mestruale; nell'ovaio destro, la presenza di un corpo luteo emorragico". Li può confermare?
Si, assolutamente. Questi dati indicavano che la ragazza era in fase mestruale quando fu uccisa.

-Nel corso della trasmissione, però, il professor Bruno Pannaian (il medico legale che fu consulente della difesa dell'ex imputato Domenico Zarrelli e che fu presente in studio) dichiarò che era necessario effettuare anche altri accertamenti sugli organi genitali di Angela Santangelo: quelli cioè deputati a stabilire se la ragazza aveva abortito o meno. Questi esami, disse il professor Pannain, invece non furono fatti. Perché, professor Zangani?
Semplicemente perché io ed il mio collega Achille Canfora non trovammo nulla, nel corso dell'autopsia sulla ragazza, che ci fece pensare all'eventualità di un aborto o che fece nascere in noi tale sospetto. Nessun aumento di volume dell'utero e nessun frammento principalmente. Nulla, quindi, che potesse avallare l'ipotesi di un aborto.

-Professore, negli atti investigativi le due coltellate che l'assassino aveva inferto all'epigastrio di Angela Santangelo (e che interessarono anche il sottocute della ragazza) furono definite "un sondaggio eseguito da un individuo che era conoscitore dei fenomeni della vita e della morte" (relazione del 16/06/'77 del dottor Mariano Barrea, funzionario di polizia; n.d.r.). Questo che cosa vuol dire: che l'assassino poteva avere conoscenze in campo medico e che c'era un motivo particolare nell'aver dato queste due coltellate all'epigastrio della ragazza, visto che al padre e alla matrigna fu risparmiato questo sfregio?
No, vuol dire solamente che l'assassino lo fece per verificare se la ragazza era viva o morta. Ritengo che un gesto come questo è alla portata di tutti e non solo di chi ha conoscenze nel campo della medicina. Evidentemente il padre e la matrigna della ragazza non hanno subìto lo stesso trattamento perché, nel loro caso, l'assassino aveva già la certezza di averli uccisi.

-Professore, l'autopsia permise di stabilire con che tipo di corpo contundente e con che tipo di oggetto da punta e taglio furono colpite le tre vittime? è importante per cercare di capire se il triplice delitto fu premeditato
Sinceramente, dopo così tanti anni, non ricordo se io e Canfora riuscimmo a a farci una idea precisa sulla questione che lei ha poc'anzi evidenziato. Bisognerebbe consultare la nostra perizia del 1975. Stabilimmo comunque che si trattava di mezzi d'attacco che avevano fatto parte dell'abitazione dei Santangelo e che il corpo contundente era da identificare come un pesante sopramobile. Quindi si trattò sicuramente di un triplice delitto non premeditato. L'assassino non aveva portato con se qualcosa per aggredire e uccidere le vittime (nella puntata di "Telefono Giallo" dedicata al caso di via Caravaggio [23 dicembre 1988] c'è una conferma a quanto ha dichiarato in questa intervista il professor Pietro Zangani: in trasmissione, infatti, Zangani affermò che le vittime furono in primo momento aggredite con un corpo contundente che faceva parte dell'arredamento della loro abitazione. Più precisamente si trattò, disse il professore in quella trasmissione televisiva, o del basamento di una statuetta oppure del basamento di un fermacarte; n.d.r.).

-Angela Santangelo riportò una ecchimosi escoriata alla mano destra. Fu la conseguenza di un tentativo, da parte della ragazza, di difendersi dall'assassino durante l'aggressione che lei subì?
Si, è possibile. Non si può escludere che fu la conseguenza di un tentativo di difesa della ragazza.

-Professore lei ricorda d'aver escluso con certezza che i segni individuati su una mano dell'ex imputato Domenico Zarrelli furono prodotti da un morso del cagnolino Dick?
Si, assolutamente. Io ed i miei collaboratori analizzammo quei segni e lo escludemmo con certezza. Erano del tutto incompatibili con l'ipotesi fatta dagli inquirenti su Domenico Zarrelli e cioè che fossero stati prodotti da un morso del cane. Oltre tutto accertammo nel corso dell'autopsia che il cane fu soffocato con una coperta in maniera estremamente rapida e non ebbe la possibilità di difendersi, aggredendo l'assassino.

-Solo sulla base dei dati autoptici, fu difficile stabilire quanti giorni prima del ritrovamento dei Santangelo c'era stato il triplice delitto?
Si, fu difficile. Più i cadaveri vanno in decomposizione più diventa complicato risalire al periodo del decesso.

-Quindi possiamo dire, professore, che l'assassino fece ritardare la scoperta della strage non solo per guadagnare tempo ma anche per ostacolare i rilievi medico legali?
Senz'altro si.

-Lei conferma, professore, che l'assassino aveva riempito la vasca da bagno con 15-20 centimetri d'acqua fredda prima di depositarvi dentro il cagnolino Dick, Domenico Santangelo e Gemma Cenname?
Si, le confermo questo dato. Tant'è vero che in primo momento il cane non fu trovato perché era immerso sul fondo della vasca da bagno, sotto l'acqua. Gli inquirenti pensarono che l'assassino aveva ucciso solo i Santangelo e che aveva portato via dall'appartamento il yorkshire Dick. Poi, il 13 novembre (5 giorni dopo la scoperta della strage), cercando sotto i liquami presenti nella vasca, gli addetti ai lavori trovarono anche la povera bestiola.

-Professore, dai dati autoptici si evince che la prima delle tre vittime a morire è stata Angela Santangelo e che è impossibile stabilire l'ordine cronologico del decesso di Domenico Santangelo e di Gemma Cenname. Questo vuol dire che la dinamica del triplice delitto potrebbe essere anche diversa da quella ufficiale?
Non direi. Fu aggredito e ucciso prima Domenico Santangelo, poi fu la volta di Gemma Cenname, infine quella di Angela, la ragazza.

-Professore, sono ancora conservati i reperti del triplice delitto?
Sicuramente. Ricordo di averne fatto portare via alcuni che provenivano dallo studio di Domenico Santangelo. Per poterlo sapere con precisione, bisognerebbe comunque fare ricerche presso l'archivio del Tribunale o della Procura di Napoli. Perché dopo tanti anni non posso ricordarlo con esattezza.

-Professore, secondo lei sarà possibile risolvere finalmente questo caso ricorrendo oggi alle nuove tecniche d'investigazione e alle nuove analisi sul DNA?
Francamente sono pessimista su questo punto. Sono passati tanti anni. Comunque un tentativo si può sempre fare.

-Grazie professore.
Grazie a lei e buona fortuna.

Nuovamente grazie professor Zangani. Molto gentile.
Le pare.

Daniele Spisso


Il professor Pietro Zangani, in una immagine video del 1988



mercoledì 14 settembre 2011

Il professor Bruno Pannain sull'autopsia del 1975

Il professor Bruno Pannain (oggi deceduto; n.d.r.) era un anatomopatologo dell'Istituto di medicina legale di Reggio Calabria. A fine novembre del 1975, quando Domenico Zarrelli fu incriminato per la strage di via Caravaggio, fu incaricato dal legale dell'indiziato (l'avvocato Mario Zarrelli, fratello di Domenico) di seguire, come consulente tecnico della difesa, i rilievi autoptici sulle tre vittime (eseguiti dai professori Achille Canfora e Pietro Zangani dell'Università degli studi di Napoli). Successivamente fu investito del ruolo di consulente del collegio difensivo di Domenico Zarrelli, nell'ambito dei processi penali a carico dell'imputato.

Questa è la dichiarazione che il professor Pannain rilasciò alla trasmissione tv "Telefono Giallo" (23 dicembre 1988) in merito (specificamente) agli esami che interessarono gli organi genitali di Angela Santangelo:

-L'eventualità di un aborto era un aspetto che andava approfondito indipendentemente da una ipotesi collegata ad un movente passionale che poteva riguardare Angela e l'assassino. Perchè ogni volta che si esegue un esame autoptico su una donna, specie se è giovane, si osservano con particolare attenzione gli organi genitali [...] Nel verbale dell'autopsia di Angela Santangelo vengono descritti gli organi genitali: utero di forma e volume normale; nella vagina un tampone lievemente imbibito di sangue verosimilmente mestruale [il tampone fu trovato in realtà poggiato sulla vagina della ragazza e non al suo interno; n.d.r.]; in uno degli ovai [quello destro; n.d.r.], la presenza di un corpo luteo emorragico. Tutto questo vuol dire molto poco. Vuol dire che, indipendentemente da questi rilievi, era necessario e opportuno eseguire ulteriori accertamenti, che non risulta vennero fatti. Io non posso sapere se i colleghi Canfora e Zangani abbiano eseguito queste ulteriori indagini ma posso dire che in mia presenza e nella relazione che i periti presentarono, oltre a riportare il verbale dell'autopsia, nelle indagini di laboratorio (che pure sono molto schematicamente e chiaramente indicate ed esposte), non risulta più alcun accenno a indagini eseguite sugli organi genitali [...] probabilmente è vero che i corpi erano ridotti in condizioni tali da rendere difficili queste analisi però certamente non vi era nessun elemento per affermare (come, invece, ad un certo momento del processo Zarrelli fu detto) che Angela Santangelo non aveva abortito. In definitiva, gli elementi sono pochi per poter escludere un aborto della ragazza-

Il conduttore Corrado Augias invitò il professor Pannain a fornire una interpretazione sulle due coltellate in regione epigastrica che l'omicida assestò ad Angela Santangelo. In particolar modo perchè negli atti istruttori, quei due colpi, vennero definiti (in una relazione depositata presso la Procura di Napoli il 16 giugno 1977 da un funzionario di polizia, il dottor Mariano Barrea, oggi deceduto)  -due ferite da punta e taglio all'epigastrio, che andavano giù fino al sottocutaneo, come una specie di "sondaggio" eseguito da una persona esperta dei fenomeni della vita e della morte-

il professor Pannain lo interpretò così:

-Si trattava di lesioni non vitali. Quindi le due incisioni all'epigastrio furono eseguite quando la vittima era già deceduta perchè non ci fu fuoriuscita di sangue, non ci fu emorragia. Evidentemente chi fece quelle incisioni voleva però controllare se la ragazza era viva o morta. Non posso escludere nessuno su questa capacità di controllo. Quindi ritengo capace di simili valutazioni sia un soggetto che non appartiene alla classe medica sia un soggetto che appartiene alla classe medica-

Daniele Spisso


Il professor Bruno Pannain, in una immagine video del 1988

sabato 10 settembre 2011

Rassegna stampa sul caso

"Il Corriere della sera", 10 novembre 1975 (la notizia sulla strage di via Caravaggio); in foto: Domenico Santangelo, Gemma Cenname, Angela Santangelo
 
"La Stampa", 11 novembre 1975 (la notizia sulla strage di via Caravaggio-articolo di Giuseppe Fedi); in foto: Domenico Santangelo, Gemma Cenname, Angela Santangelo

 
                                  
                                                     
"La Stampa", 12 novembre 1975 (una segnalazione su un uomo mai identificato-articolo di Giuseppe Fedi); in foto: Nicola Sceral, il fidanzato di Angela Santangelo

"La Stampa", 13 novembre 1975 (una notizia che però non avrebbe trovato riscontro-articolo di Giuseppe Fedi)

"La Stampa", 30 marzo 1976 (la notizia dell'arresto di Domenico Zarrelli, il nipote di Gemma Cenname-articolo di Adrìaco Luise)

"La Stampa", 19 aprile 1978 (la notizia sulla discussione finale del Pubblico ministero Liborio Di Maio [oggi deceduto; n.d.r.] al processo presso la Corte d'Assise di Napoli a carico di Domenico Zarrelli-articolo di Adrìaco Luise) *Il Pubblico ministero Liborio Di Maio era il cugino del sostituto Procuratore Fausto Esposito, il magistrato che intervenne nell'appartamento della strage di via Caravaggio la sera in cui il tragico fatto fu scoperto, l'8 novembre 1975

"La Stampa", 3 maggio 1978 (la notizia sulla discussione finale dell'avvocato Mario Zarrelli, fratello e legale di Domenico Zarrelli, al processo presso la Corte d'Assise di Napoli-articolo di Adrìaco Luise)

"La Stampa", 10 maggio 1978 (i giudici della Corte d'Assise di Napoli, presieduta dal giudice dottor Marino Lo Schiavo, entrano in Camera di consiglio per stabilire ed emettere la sentenza di primo grado a carico di Domenico Zarrelli-articolo di Adrìaco Luise); in foto: Domenico Zarrelli

"La Stampa", 10 maggio 1978 (dopo una camera di consiglio durata dalle ore 11:30 alle ore 21:30 del 9 maggio, la Corte d'Assise di Napoli condanna in primo grado Domenico Zarrelli all'ergastolo per la strage di via Caravaggio-aggiornamento della redazione)


"La Stampa", 8 marzo 1981 (la notizia dell'assoluzione in secondo grado per insufficienza di prove emessa nei confronti di Domenico Zarrelli, due giorni prima, dalla Corte d'Assise d'Appello di Napoli. L'articolo cita un libro, "Il giorno degli assassini" [edito da Mondadori], che lo scrittore Carlo Bernari dedicò nel 1980 al caso della strage di via Caravaggio) *Domenico Zarrelli verrà poi assolto con formula piena dalla Corte d'Assise d'Appello di Potenza il 9 gennaio 1984 e dalla Corte di Cassazione a Roma il 18 marzo 1985

 

venerdì 9 settembre 2011

Le due testimonianze all'interno del palazzo della strage

Due sono le testimonianze, interne al palazzo di via Caravaggio 78 (raccolte negli uffici della Squadra Mobile di Napoli, il pomeriggio dell'11 novembre 1975, dal Sostituto Procuratore della Repubblica incaricato, dottor Italo Ormanni), che permettono di stabilire tre cose importanti: la strage si è verificata esattamente la notte tra il 30 ed il 31 ottobre; il fatto ha avuto luogo a partire dalle 23:30; l'appartamento è stato definitivamente ed effettivamente chiuso alle 5 del mattino del 31 ottobre.

I testimoni in questione sono due inquiline dello stabile: le signore Caterina Simonelli (all'epoca in servizio presso la base militare statunitense Nato di Agnano [Napoli] come segretaria del Comandante delle Forze alleate) e Beatrice Putti (quest'ultima è la figlia dei portieri che erano in servizio presso il condominio quando ci fu il triplice delitto, Ugo Putti e sua moglie Flora Testa, adesso entrambi deceduti). La Simonelli e la Putti abitavano al terzo piano, l'una vicino all'altra, in posizione sottostante a casa Santangelo.

-Caterina Simonelli (la sua camera da letto era situata in posizione sottostante alla cucina e a parte del corridoio di casa Santangelo): la sera del 30 ottobre 1975, la testimone va a dormire presto. Alle 23:30 il suo sonno s'interrompe (e ricorda bene l'orario perchè guardò la sveglia di lato a lei) perchè sente un grido soffocato di donna e un tonfo. Successivamente avverte una serie di rumori strani che durano fino all'1:00 del mattino. Tra l'1:00 e le 3:00 il baccano sembra essere cessato. Tra le 3:00 e le 5:00 riprendono gli strani rumori: prodotti da passi decisi, che proseguono avanti e indietro per tutto l'appartamento dei Santangelo e che non fanno nulla per nascondere la loro presenza. In più, la signora Simonelli avverte la sensazione che lungo il pavimento di casa Santangelo fosse trascinato qualcosa di pesante. C'è inoltre un dettaglio molto importante che necessariamente va menzionato: la signora Simonelli ebbe l'impressione che (tra le ore 3:00 e le ore 5:00 del 31 ottobre) a muoversi nell'appartamento durante la "seconda fase" del massacro non ci fosse una sola persona ma due persone. Due persone che si muovevano contemporaneamente ma da punti differenti di casa Santangelo.

La mattina dopo (31 ottobre) la Simonelli parla di tutto ciò al marito (Felice Simonetti, nel 1975 dipendente dello stabilimento "Ferrero" di Casoria [Napoli]. Deceduto nel 2006; n.d.r.) perchè, a causa di quei rumori e di quei passi, ha dormito poco e male e si è svegliata al mattino con il mal di testa.

-Beatrice Putti (la sua camera da letto era situata in posizione sottostante alla stanza-studio di Domenico Santangelo): verso l'1:00 del mattino (31 ottobre), mentre dorme, viene svegliata dalla sua bambina (intravede l'orario sulla sveglia). Poco tempo dopo, sente degli strani rumori provenire dal piano di sopra. Rumori prodotti come da qualcosa di pesante che viene spostato da un punto all'altro dell'appartamento dei Santangelo.
Subito dopo sente rumori di passi: come se qualcuno si sta allontanando dall'abitazione delle vittime.

La Putti si riaddormenta un attimo dopo e non ha più modo di svegliarsi, fino alla mattina.

*La signora Caterina Simonelli è deceduta nel 2005; la signora Beatrice Putti è stata rintracciata ma ha rifiutato un breve colloquio informale con il sottoscritto.

Daniele Spisso

giovedì 8 settembre 2011

I luoghi della vicenda (ieri ed oggi)


             Ieri-Dopo l'edificio in primo piano si può notare il lato sinistro del palazzo di   via Caravaggio nel quale si consumò la strage dei Santangelo

Ieri-Il lato sinistro del palazzo di via Caravaggio 78 nel quale si consumò la strage dei Santangelo

Ieri-Dopo i tre alberi sullo sfondo, il palazzo di via Caravaggio 78 nel quale si consumò la strage dei Santangelo

Ieri-I balconi del lato anteriore del palazzo di via Caravaggio 78 nel quale si consumò la strage dei Santangelo

Ieri-Il secondo balcone in alto, a sinistra (lato anteriore del palazzo di via Caravaggio 78), è quello che corrispondeva all'appartamento dei Santangelo, nel quale si consumò la strage

Oggi-Il palazzo di via Caravaggio 78, nel quale si consumò la strage dei Santangelo. L'appartamento (interno 21) era al quarto piano (quarto balcone sulla sinistra). Sulla strada, dava la finestra della camera personale di Angela (la sera dell'8 novembre 1975, i vigili del fuoco adoperarono una scala mobile per raggiungere quella finestra ed entrare nell'appartamento). Da chi abita lì intorno, e conosce bene la vicenda, il condominio è definito, ancora oggi, come "Il palazzo dei morti"

Oggi-Il portone d'ingresso del palazzo della strage (degli inquilini del 1975 è rimasta soltanto la signora Beatrice Putti, la figlia dei portieri che erano in servizio presso il condominio quando ci fu il triplice delitto, Ugo Putti e Flora Testa)

                              Oggi-Quello che nel 1975 era il balcone dei Santangelo (l'appartamento dei Santangelo, costituito all'epoca da due abitazioni che erano stati unite, oggi è tornato ad essere diviso in due interni separati. Uno dei due [precisamente quello al quale corrisponde il balcone che si vede in foto] è occupato da altri inquilini; l'altro invece [completamente ristrutturato e il cui balcone affaccia sul retro del palazzo] è nella proprietà degli eredi di Domenico Santangelo. Gli eredi di Domenico Santangelo risiedono a Roma e tornano a Napoli ogni tanto. La metà appartamento di loro proprietà non è stata mai occupata da altri inquilini). La finestra più grande, subito prima del balcone, è quella dalla quale si affacciò l'assassino la notte della strage, imbrattando il davanzale con le mani macchiate di sangue.

Oggi-Il cancello che si nota in primo piano era la porta d'ingresso del locale Il Rifugio, negli anni '70 luogo di ritrovo di alcuni giovani della Napoli bene. Il locale era all'inizio una abitazione privata. Poi fu parzialmente adibita a pub dai suoi occupanti. A destra c'è il portone d'ingresso del palazzo di via Caravaggio 78. Il quarto balcone a sinistra, partendo dal basso, era quello di casa Santangelo. Il Rifugio chiudeva sul tardi. Forse per questo motivo l'assassino attese le 5 del mattino prima di andare via.

Oggi-La finestra della camera da letto matrimoniale dei Santangelo, "teatro" dell'assassinio della giovane Angela

Oggi-Come si nota, la finestra dalla quale si affacciò l'assassino con le mani macchiate di sangue dava su via Caravaggio e su una parte del lato esterno del locale Il Rifugio



                                 
Oggi-Viale di Augusto 5/7 (Napoli): l'agenzia 18 del Banco di Napoli presso la quale Gemma Cenname si recò assieme ad un suo parente e amico (il generale medico Bruno De Lillo), nel mese di luglio del 1975, per aprire un conto corrente e affittare una cassetta di sicurezza dentro la quale depositare titoli e gioielli. Presso l'agenzia la Cenname avrebbe in seguito voluto depositare anche l'argenteria e la biancheria di maggior valore


Oggi-La palazzina di via Mario Fiore 49 (Napoli) nella quale Gemma Cenname aveva, al terzo piano, uno studio-abitazione, poi diventato solo studio da ostetrica quando (nell'ottobre 1974) andò a vivere con Domenico Santangelo e con la figlia di lui, Angela, in via Caravaggio 78. Lo studio non era molto frequentato e negli ultimi tempi Gemma Cenname vi si recava raramente. La sera dell'8 novembre 1975, il nipote della donna, l'avvocato Mario Zarrelli (avvisato dalla clinica "Villa del Pino" dell'assenza prolungata dal posto di lavoro della signora Cenname e della mancanza di notizie presso casa Santangelo), si recò in questa palazzina con la moglie, Elisa Testa, e con una sua cugina, Fausta Cenname, dopo essere stato già in via Caravaggio (constatando di persona l'effettivo ed inspiegabile silenzio di un appartamento muto da 9 giorni) prima di andare a denunciare la scomparsa dei Santangelo in Questura. L'avvocato si recò in via Fiore perchè voleva vedere (dopo essersi consultato con i parenti di Domenico Santangelo) se era possibile trovarvi all'interno un doppione delle chiavi dell'appartamento di via Caravaggio (per evitare di dover buttare giù la porta d'ingresso) e poi perchè (su iniziativa e consiglio di sua cugina Fausta) doveva prendere in custodia alcuni documenti che riguardavano la vita privata della zia (trascorsi passionali della donna), per tutelarne la privacy nell'eventualità che le fosse successo qualcosa. L'avvocato Mario Zarrelli entrò nello studio-abitazione di sua zia Gemma adoperando una copia di chiavi dell'appartamento di via Fiore posseduta da sua madre, Evelina Cenname, sorella di Gemma

Oggi-La sede dell'ex clinica "Villa del Pino", al corso Vittorio Emanuele 494 (Napoli), presso la quale Gemma Cenname esercitava la sua professione di ostetrica

Oggi-Via Saverio Baldacchini (Napoli): la strada lungo la quale Domenico Santangelo lasciò in sosta, il 30 ottobre 1975 mattina, la sua Lancia Fulvia berlina amaranto. La vettura era in avaria. L'auto fu trovata il 10 novembre 1975 da una pattuglia della polizia
 
 La porta dell'ascensore: pianerottolo del 4° piano di via Caravaggio 78
 
Le due porte dell'appartamento di casa Santangelo (4° piano - via Caravaggio 78): casa Santangelo era costituita da due appartamenti unificati. La porta situata frontalmente rispetto a chi osserva la foto era quella di servizio: immetteva sul lungo corridoio centrale che attraversava la camera personale di Angela, il tinello, il bagno di servizio, la camera da letto matrimoniale
 
La porta di destra di casa Santangelo (4° piano - via Caravaggio 78): questa era la porta dell'ingresso principale. Oltrepassandola ci si immetteva in un'anticamera. Dopo l'anticamera si accedeva allo studio di Domenico Santangelo. Fu al campanello (posto più a destra, sul muro) di questa porta che suonò l'assassino la sera del 30 ottobre 1975 verso le ore 23:30. Ad aprirgli fu Domenico Santangelo. Chiusa questa porta, l'assassino e Domenico Santangelo superarono l'anticamera ed entrarono nello studio