venerdì 7 ottobre 2011

Intervista al giornalista Giovanni Virnicchi

Giovanni Virnicchi è un ex cronista de "Il Mattino" che la sera dell'8 novembre 1975 fu tra i primi (assieme ad altri suoi colleghi, come l'allora corrispondente del "Roma" Marisa Figurato) ad arrivare in via Caravaggio 78 (quando fu scoperta la strage). Nelle settimane successive, Virnicchi scrisse diversi articoli su questo inquietante caso di cronaca. Ho avuto la possibilità e la fortuna di incontrarlo e gli ho chiesto alcune curiosità su questa terribile storia. Chi meglio di lui (memoria storica di questa vicenda) avrebbe potuto aiutarmi in tal senso. Lo ringrazio molto per la sua disponibilità e cortesìa.

Virnicchi come venne a sapere della strage la sera dell'8 novembre 1975?

Arrivò in redazione la notizia che in via Caravaggio forse c'erano delle persone che erano morte all'interno di una abitazione. Sembrava comunque che si trattava di qualcosa di importante. Così presi la macchina e mi recai sul posto.

Che impressione le fece la scena del triplice delitto?

Si capiva che c'era stato un massacro feroce. Osservai ad una distanza di qualche metro le stanze in cui si trovavano i tre cadaveri e mi resi subito conto che eravamo dinanzi ad un triplice delitto davvero cruento. La prima cosa che pensai fu questa: chi aveva compiuto quella strage doveva essere una persona robusta.

Virnicchi lei è stato presente al sopralluogo: può dirci, se lo ricorda, come mai il cagnolino dei Santangelo, Dick, fu trovato 5 giorni dopo la scoperta della strage?

Il cane era avvolto in una coperta e si trovava sul fondo della vasca da bagno, sotto i corpi dei suoi padroni. Un operatore della polizia scientifica afferrò questa coperta con un bastone, la sollevò dalla vasca e la fece gocciolare sul pavimento. Vide che non usciva nulla da sotto e la fece cadere, lasciandola lì. Poi, 5 giorni dopo, gli addetti ai lavori tornarono sulla scena del delitto per un altro sopralluogo, presero quella coperta e la aprirono. Dentro trovarono i pochi resti del cane. La prima volta avevano pensato che non ci fosse nulla nella coperta proprio perchè era rimasto ben poco della povera bestiola. (Sembra, tuttavia, che la sera del primo sopralluogo gli operatori della scientifica erano sprovvisti dei guanti per immergere le mani nel liquame della vasca da bagno e che, solo dopo 5 giorni, la vasca fu svuotata, rinvenendo la coperta con dentro i resti del yorkshire Dick; n.d.r.)

Erano molte le persone presenti nell'appartamento durante il sopralluogo? ricorda qualche errore operativo da parte degli addetti ai lavori, di cui fu testimone oculare?

Oltre ai funzionari di polizia e della scientifica c'era un magistrato, il dottor Fausto Esposito, e poi venne il medico legale per un sopralluogo, il professor Achille Canfora. Ricordo che, in un certo momento, fu trovata una ciocca di capelli di colore biondo e qualcuno lo ritenne un indizio. Invece la ciocca apparteneva se non sbaglio ad una collega della ragazza, Angela, che era arrivata lì e che qualche giornalista intervistò sul posto. La ragazza era bionda e passandosi una mano nei capelli aveva perso la ciocca. Lo feci notare io stesso agli investigatori.

Gli investigatori valutarono più piste investigative nel momento in cui partirono le indagini preliminari?

Per quel che ricordo posso dirle che in realtà la polizia tendeva a non credere molto alla pista-Domenico Zarrelli. Poi nacque invece questa convinzione alla Procura di Napoli e quindi ci si orientò su questa unica strada. (questa notizia trova conferma anche nella puntata di "Telefono Giallo" sul caso, andata in onda il 23 dicembre 1988. Durante la trasmissione, infatti, l'ex giornalista di "Paese sera" Luigi Ricci, ospite in studio, disse che l'allora neo Questore di Napoli, dottor Pasquale Colombo, incaricò il viceQuestore, dottor Mariano Barrea, di battere piste alternative, rimaste però in seguito "inesplorate" per la forte direzione presa invece dalla Procura di Napoli su Domenico Zarrelli. Tant'è vero che il dottor Barrea ammise, poi, in sede processuale che dovette cercare eventuali piste alternative senza informare il magistrato competenente sul caso via Caravaggio, per via della forte direzione data invece dalla Procura su Domenico Zarrelli. Tra l'altro, l'avvocato Mario Zarrelli chiese al dottor Franco Mincione, funzionario della sezione scientifica della polizia di Napoli, la cortesìa di poter verificare le impronte digitali estranee, rinvenute nell'appartamento del triplice delitto, con quelle del sospettato Annunziato Turro. Ma il dottor Mincione rispose: "Non possiamo farlo, avvocato, perchè altrimenti la magistratura ci incrimina"; n.d.r.)



Daniele Spisso  

lunedì 3 ottobre 2011

La strage - "Il Mattino" e il "Roma"

"Il Mattino" e il "Roma" sono due importanti e celebri quotidiani napoletani. Nel novembre 1975 hanno raccontato in maniera molto particolareggiata la tragica e inquietante vicenda della strage di via Caravaggio. Questi sono alcuni dei dati più importanti che ci vengono restituiti dalla memoria storica delle loro pagine su questo caso. Sono utili perchè indicano spunti interessanti, soprattutto in considerazione delle piste alternative che possono spiegare questa strage (specie per quanto riguarda la pista-De Laurentiis).

*L'assassino avrebbe parzialmente spogliato Domenico Santangelo dopo averlo ucciso:
Domenico Santangelo, infatti, fu trovato nella vasca da bagno a torso nudo. Indossava soltanto il pantalone e le scarpe, e portava al polso un orologio. Un particolare molto strano che fa pensare ad un'azione dell'assassino: quella di spogliarlo parzialmente. Difficile infatti immaginare che il Santangelo si muoveva in casa a torso nudo con un ospite presente nella propria abitazione ed è difficile immaginare che, in ogni caso, sarebbe stato il Santangelo a denudarsi parzialmente. Il 30 ottobre 1975 fu una serata particolarmente fredda: è provato dal fatto che Gemma Cenname aveva con se, in cucina, una borsa in gomma per l'acqua calda ed è provato anche dal fatto che quella stessa sera l'appartamento risultò avere il sistema di riscaldamento interno in funzione.

*La scelta della vasca da bagno - differenza di trattamento con Angela:
 L'assassino aveva certamente bisogno di prendere tempo ed è per questo motivo che fa ritardare la scoperta della strage, arrivando ad uccidere anche il cane Dick. E sceglie la vasca da bagno perchè si rende conto (come suggeriscono i giornali) che lo scarico del bagno assorbe i liquami della decomposizione. Ma certamente vuole anche "ostacolare i rilievi medico legali" (professor Zangani). Tuttavia, l'omicida riserva ad Angela un trattamento diverso: la avvolge con lenzuola e coperte e la lascia sul letto matrimoniale del padre e della matrigna. Se avesse voluto farlo, avrebbe potuto portarla nel bagno di servizio (i Santangelo infatti avevano due bagni in casa: uno padronale e l'altro di servizio). Non lo fece invece. Ad Angela aveva riservato un trattamento speciale. Il plaid con il quale fu trascinata Gemma Cenname funse quasi da "rudimentale barella" (come scrissero i giornali dell'epoca).

*Era così difficile arrivare al colpevole?:
I giornali napoletani del 1975 forniscono una ricostruzione molto chiara dei Santangelo. Erano persone che non avevano amicizie o frequentazioni nel palazzo di via Caravaggio 78 (Domenico Santangelo e sua figlia Angela vi abitavano da alcuni anni; Gemma Cenname da un anno) e a stento o mai salutavano gli altri condomini; non ricevevano quasi mai nessuno nel loro appartamento (interno 21 - quarto piano), neanche il portiere (che restava sulla soglia della porta d'ingresso quando saliva dai Santangelo a consegnare loro la posta); i condomini li incontravano molto di rado nel palazzo (tanto che alcuni praticamente quasi non li conoscevano) e notarono da parte loro un atteggiamento scostante e un pò antipatico (solo Angela, la ragazza, era più socievole); il loro vicino di balcone (l'ufficiale turco della Nato Ayhan Orzbek, residente in via Caravaggio 78 da giugno di quel corrente anno) non li vide mai affacciati durante l'estate del '75; il portiere li vedeva solo un paio di volte la settimana; non ricevevano molta corrispondenza postale e alcune volte restava in giacenza per giorni in guardiola (tanto che il portiere saliva presso il loro appartamento per consegnarla); i condomini più che altro li notavano quando i Santangelo uscivano per motivi di lavoro (qualcuno li notava generalmente nel tardo pomeriggio, dalle 17 in poi). Il portiere Ugo Putti e l'inquilino Felice Simonetti, ad esempio, notavano di mattina presto Angela: ogni mattina, alle 7, la ragazza scendeva il cagnolino Dick in strada per 5 o 10 minuti, poi citofonava per farlo risalire e si recava al lavoro, prendendo la sua A112 dal garage condominiale di lato al palazzo. Domenico Santangelo era una persona molto paurosa: non apriva mai a chiunque o a persone di cui non si fidava. Quando qualcuno bussava, vedeva allo spioncino di chi si trattava e dopo essersene accertato bene toglieva la catena che bloccava la porta e apriva (faceva così anche quando saliva il portiere, Ugo Putti, a consegnargli la posta). Era un padre che viveva per Angela, sua figlia, specialmente da quando era rimasto vedovo (nel gennaio 1973), aveva solo due amici (Federico Corrado, negoziante, e Francesco Zoccano, appuntato della Polizia stradale) e due parenti che vedeva raramente (un fratello, Gaetano, che viveva a Roma e una sorellastra che viveva a Pescara). Era molto attento alle compagnìe che Angela frequentava e generalmente non faceva ricevere ad Angela gli amici di lei in casa propria. Voleva che Angela tornasse a casa, la sera, alle 21 (massimo 21:30) e quando c'era la ragazza in casa (da sola), vi restava anche lui. Gemma Cenname (ex insegnante; sui propri bigliettini da visita aveva fatto scrivere "insegnante-ostetrica") si dedicava (con turni di 24 ore a frequenza bisettimanale) al suo lavoro di ostetrica (in maniera molto precisa e diligente) e al marito e generalmente frequentava i suoi parenti che vivevano a Camigliano (Caserta). Domenico Santangelo, ex studente di medicina ed ex capitano di lungo corso (nonostante alcuni fatti oscuri del suo passato: l'accumulo un pò misterioso di una discreta fortuna che gli aveva permesso di vivere in maniera benestante, un licenziamento per il sospetto di furto di 28 milioni di lire dalla cassa delle imprese Lauro nel '71, dopo 11 anni di impiego come amministratore di condomini del rione Lauro a Napoli, la morte nel '73 della prima moglie in circostanze sospette), non risultò coinvolto in nessun episodio particolare che potesse spiegare la sua uccisione (l'unico svago che si concedeva era il gioco del lotto e ogni tanto impegnava alcuni gioielli della prima moglie o ricorreva ai prestiti della figlia per pagare le spese condominiali, perchè non voleva chiedere denaro a Gemma Cenname, in una occasione non disposta oltre tutto a prestargli il suo denaro per il pagamento del condominio). Nel settembre '75 aveva trovato un lavoro come rappresentante di una ditta di forniture igienico-sanitarie per ospedali. Angela era stata assunta presso l'Inam di Fuorigrotta (dopo aver conseguito con gli studi un diploma magistrale) nella primavera del 1974 (impiegata amministrativa, gruppo B, 150.000 lire al mese-addetta agli sportelli aperti al pubblico, dattilografa, istruiva le pratiche), prendendo lo stesso, identico posto che sua madre, Eleonora Lo Cascio, aveva lì occupato per trent'anni. Fino alla primavera del '75 Angela aveva frequentato una comitiva di piazza Amedeo (e aveva avuto una breve avventura con un giovane, Roberto Sorrentino, che giocava nella "Primavera" della squadra di calcio del Napoli): suoi coetanei che Angela però non ospitava mai in casa propria, per via del padre Domenico (al quale i ragazzi di piazza Amedeo non erano graditi). Poi conobbe il 23enne Nicola Sceral (sul quale torneremo più avanti). Nicola Sceral era stato poche volte in casa Santangelo (vi andò ad esempio il 2 ottobre '75, in occasione di una festa della ragazza). Quando andava a trovare la ragazza in via Caravaggio, in genere lui e lei si trattenevano sulle scale infatti.

*Le opinioni degli investigatori, dei giornalisti e dei pochissimi amici attraverso i giornali:
"L'assassino era intimo ai Santangelo" (la polizia); "L'assassino fu un ospite che si trattenne nell'appartamento anche prima del massacro" (la polizia); "L'assassino ha agito come un folle lucido e ha agito d'impeto. Non aveva premeditato la strage" (la polizia); "Li ha uccisi o la malavita del casertano o un pretendente di Angela" (Gaetano Morabito, ex Questore di Napoli, patrigno di Domenico Santangelo); "Un massacro sproporzionato per qualsiasi movente" (la polizia); "L'assassino è un amico o un parente" ("Il Mattino", titolo in una pagina interna).

*Le sigarette trovate nell'appartamento:
Il "Roma" scrisse che furono rinvenuti nell'appartamento della strage i mozziconi di tre tipi di marche di sigarette: Mercedes ed MS nel posacenere della stanza-studio e Gitanes senza filtro su alcuni punti del pavimento dell'abitazione. Se fosse così, di certo non tutte erano state fumate dall'assassino: magari una di quelle del posacenere scaturiva da un inquinamento della scena del crimine, l'altra marca di sigarette trovata nel posacenere poteva essere stata fumata da Domenico Santangelo (lui era fumatore - cosa dimostrata dal fatto che tra i suoi conti, che annotava scrupolosamente, risultano segnate talvolta anche delle sigarette), le Gitanes senza filtro dall'assassino.

Sul sospettato Annunziato Turro (sul quale gravano quasi zero indizi) non sappiamo se era fumatore. Il dottor De Laurentiis (sul quale gravano pesanti e gravi indizi) era fumatore. Nel '75 il medico faceva uso di sigarette Gitanes senza filtro o Mercedes o MB? Bisogna scoprirlo.

*Le impronte digitali estranee alle vittime:
Gli investigatori trovarono solo frammenti di impronte digitali. Tracce infinitesimali, "sufficienti ad escludere ma non ad accertarne l'appartenenza"  (come dichiarò ai giornali il Sostituto Procuratore di Napoli Italo Ormanni).

L'assassino, dopo aver ucciso le tre vittime, impiegò dei guanti di gomma trovati in cucina. Con questi guanti chiuse anche l'interruttore della luce della stanza-studio di Domenico Santangelo. A cose fatte, se li sfilò e li gettò rovesciati sul pavimento dell'antibagno. Facendoli cadere dietro una sedia.

*Le valutazioni del professor Achille Canfora (uno dei tre medici legali):
Questo è quanto ha dichiarato il professor Achille Canfora sulla base dell'autopsia da lui eseguita sui Santangelo il 9 novembre 1975 (ripreso da il "Roma" qualche giorno dopo): "L'assassino ha assestato alla carotide delle tre vittime un taglio preciso. Dato con una certa perizia tecnica. L'omicida è un soggetto che ha minimo 30 anni, massimo 45 anni (la violenza dei colpi vibrati impone di non superare questa soglia anagrafica). Ha una altezza compresa tra 1 metro e 60 centimetri ed 1 metro e 70 centimetri. Ha una corporatura robusta e forte ma è agile. E' senza un'oncia di grasso ed ha una muscolatura possente. Ha una conoscenza almeno delle prime nozioni di medicina e, in particolare, del corpo umano e della posizione degli organi principali. E' dotato di sangue freddo. Doveva essere di qualche centimetro più basso delle vittime perchè ha colpito al capo nella parte bassa, come se si fosse trovato qualche centimetro più giù delle vittime. Sapeva, e bene, dove è esattamente la carotide. Quindi o ha studiato il corpo umano oppure la sua è un'abitudine professionale".

Daniele Spisso

sabato 1 ottobre 2011

Intervista a Maria Rosaria Capuozzo

La signora Maria Rosaria Capuozzo lavorava nel 1975 presso la clinica "Villa del Pino" (al corso Vittorio Emanuele, Napoli), nella quale era impiegata Gemma Cenname, la moglie di Domenico Santangelo e la matrigna di Angela. L'ho contattata e le ho chiesto se era disponibile a rilasciarmi una breve intervista. La signora è stata molto cortese e mi ha risposto di si. Di seguito riporto quanto mi ha gentilmente detto nel corso del nostro colloquio.

Buongiorno signora Capuozzo, la ringrazio molto per aver deciso di rilasciarmi alcune dichiarazioni sulla signora Cenname.

Buongiorno a lei, si immagini.

Come ebbe modo di conoscere la signora Gemma Cenname?

La conobbi perchè negli anni '70 lavoravo presso l'ufficio amministrazione della clinica "Villa del Pino". In questa clinica la signora Cenname svolgeva la professione di ostetrica.

La vedeva spesso all'interno della clinica?

In genere la incontravo quando si recava nel mio ufficio.

Avevate mai avuto modo o occasione di parlare di cose personali che la riguardavano? ad esempio confidenze fatte da lei sui suoi rapporti familiari (*i suoi rapporti con il marito Domenico e con la figliastra Angela; n.d.r.)?

Ricordo di no, anche perchè era una persona molto riservata. Posso dirle comunque che la signora Cenname era molto felice quando si sposò (*con Domenico Santangelo, il 28 ottobre 1974; n.d.r.). Ricordo soprattutto questo: la felicità che lei manifestò al momento del suo matrimonio.

Quindi la signora Cenname lavorava presso la clinica già un anno prima di essere uccisa?

Si (*Gemma Cenname, come poi ho saputo successivamente a questa intervista, fu assunta infatti presso la clinica "Villa del Pino" precisamente il 1 aprile 1972; n.d.r.).

Ha qualche ricordo di lei in merito agli ultimi giorni antecedenti al tragico assassinio? La vedeva magari preoccupata negli ultimi giorni?

Sfortunatamente non posso esserle d'aiuto su queste due domande perchè dopo 36 anni molti miei ricordi sono sfumati.

Ricorda qualcosa di quei 9 giorni (31 ottobre - 8 novembre 1975) nel corso dei quali la signora Cenname non si presentò più al lavoro e non dette più notizie di se?

Si, ricordo che in clinica ci preoccupammo tutti (Gemma Cenname aveva fatto l'ultimo turno il 28 ottobre e doveva rientrare in servizio il 31 mattina per dare il cambio ad una sua collega, la signora Giuseppina Maida; n.d.r.). Ci preoccupammo perchè la signora Cenname era una persona molto precisa sul lavoro e quindi ci chiedevamo come mai non stava più venendo a "Villa del Pino" e senza dare sue notizie.

Vi attivaste per saperne qualcosa?

Dopo qualche giorno telefonammo ai suoi parenti (*i Cenname; n.d.r.), facendo presente che la signora Gemma non si stava più recando al suo posto di lavoro e che non avevamo più notizie di lei (*fu infatti per questo motivo che l'avvocato Mario Zarrelli, nipote di Gemma Cenname, venne a sapere della mancanza di notizie della zia. Assieme alla moglie, Elisa Testa, e ad una sua cugina, Fausta Cenname, l'avvocato iniziò le ricerche: prima si recò in via Caravaggio per accertarsi di persona di questa mancanza di notizie; poi [utilizzando una copia di chiavi posseduta da sua madre, Evelina Cenname, sorella di Gemma] si portò allo studio da ostetrica della zia, in via Mario Fiore, per vedere se, come d'accordo con i parenti di Domenico Santangelo da lui consultati, trovava un doppione delle chiavi dell'appartamento di via Caravaggio, evitando così di dover buttare giù la porta d'ingresso di casa Santangelo. L'avvocato si recò lì anche per mettere al riparo, su indicazione e consiglio di sua cugina Fausta Cenname, alcuni documenti della zia Gemma [trascorsi passionali della donna] per ragioni di privacy; infine si recò in Questura a denunciare la strana e misteriosa circostanza. Tornò in via Caravaggio con i funzionari della Mobile di Napoli e con i vigili del fuoco, scoprendo anche lui l'orribile strage; n.d.r.) - (*prima che fossero contattati telefonicamente i parenti della Cenname, il direttore della clinica inviò una infermiera in via Caravaggio. L'infermiera chiese informazioni al portiere del palazzo in cui abitava la signora Cenname e questi disse che forse i Santangelo erano andati fuori perchè non vedeva parcheggiata nel garage condominiale l'auto di Domenico Santangelo, il marito della Cenname; n.d.r.) 

La notizia della strage che reazioni vi suscitò?

Rimanemmo scioccati. Era una cosa che nessuno di noi avrebbe mai potuto immaginare.

La ringrazio ancora una volta per la sua collaborazione signora Capuozzo.

Grazie a lei.

Daniele Spisso