giovedì 30 agosto 2012

Le mie ricerche sul caso - Un anno dopo

Era il 13 luglio 2011 quando decisi di iniziare le mie ricerche sulla vicenda della strage Santangelo. Da un pò di tempo inseguivo l'idea di riaprire questa scioccante storia di sangue del lontano ottobre 1975. In primo luogo, perchè si tratta di un terribile caso di cronaca (davvero cruento e quasi unico nel suo "genere") avvenuto nella mia città, Napoli. In secondo luogo, perchè è un fatto rimasto impunito, senza un colpevole (almeno per adesso ancora - confido infatti di essere un inguaribile ottimista sulla possibilità di venire a capo di un omicidio, anche dopo 60 anni). La mia "investigazione personale", finalizzata a rimettere insieme i pezzi di questa storia per ricomporli come in un puzzle e vedere cosa avrebbero suggerito e cosa avrebbero fatto capire o nella migliore delle ipotesi dimostrato, è stata molto fortunata, devo essere sincero: ho potuto anzitutto beneficiare della disponibilità massima e della grande correttezza dell'avvocato Mario Zarrelli (colui che per 30 anni è stato non solo la memoria storica di questa vicenda perchè coinvolto a livello personale, essendo il nipote di una delle tre vittime di via Caravaggio, ma che è stato anche lo sfortunato protagonista, assieme a suo fratello Domenico soprattutto, di una vicenda investigativa caratterizzata da moltissimi errori). L'incontro con l'avvocato Zarrelli è stato per me molto prezioso perchè ho avuto la possibilità di entrare con la mente in quei fatti, acquisendo dalla viva voce di chi li ha tragicamente vissuti in prima persona tutta la dimensione di una storia inquietante e che allo stesso tempo fa rabbia. Fa rabbia perchè erano tanti gli elementi a portata di mano degli investigatori, già sulla scena del crimine, e ritengo dal mio punto di vista che l'assassino di via Caravaggio è stato il più imperfetto e in realtà il meno astuto di tutti coloro che si rendono responsabili di un crimine. E' stato anche lui un criminale sciocco. Uno che di tracce ne aveva lasciate, in quell'elegante appartamento napoletano trasformato in una casa dell'orrore. Bastava indagare nella vita privata di tutte e tre le vittime per trovare qualcosa (e per ricostruire l'esatta dinamica del fatto - chi, dei tre Santangelo, fu colpito per primo dal folle assassino) e bastava dare una identità a quelle tracce trovate sulla scena del crimine, scavando tra le persone che conoscevano molto bene tutti e tre i Santangelo (non a caso adopero la frase "tutti e tre"). Anzichè costruire invece una teoria sul depistaggio: anzichè ritenere che quelle tracce fossero la conseguenza non del passaggio dell'assassino ma di una operazione fatta da altri, per conto suo, al fine di disorientare gli inquirenti. Questa si chiama forzatura. E non sarebbe stato neanche difficile adempiere a questo compito: visto che i Santangelo erano persone molto riservate, che coltivavano pochissimo la socializzazione e visto che erano pochissime le persone che potevano frequentare quell'elegante appartamento come loro ospiti (tutto ciò naturalmente lo si evince dai dati generali raccolti su di loro nel 1975 da chi di dovere e che abbiamo illustrato attraverso questo blog). E' stata una indagine fortunata anche perchè molto è stato il materiale che sono riuscito ad acquisire (e che mi ha permesso di risalire a una serie di informazioni determinanti e di ricostruirle, in massima parte, come fossero emerse un anno fa anzichè quasi 40 anni fa) e perchè, tranne che in qualche caso, ho trovato ancora alcuni testimoni (oltre l'avvocato Mario Zarrelli già citato) abbastanza disponibili a rilasciarmi dichiarazioni su ciò che ricordavano e su ciò che sapevano. Non nascondo che tutto questo mi ha procurato una grandissima soddisfazione, perchè i miei sforzi finalizzati a rimettere in moto, a far ripartire, una storia che ormai era stata dimenticata da molti (e che tanti non conoscevano neanche - specie quelli della mia generazione, e che non sono di Napoli) e che era considerata "archiviata" sono stati premiati. Non posso dire di più, infatti, ma la Procura di Napoli sta nuovamente seguendo, da 9 mesi, questo caso e ove vi fossero possibilità concrete di effettuare nuovi tentativi si procederà di conseguenza. Sicuramente si potrebbe fare qualcosa per recuperare i reperti della scena del crimine e indirizzarli ai nuovi esami, oggi possibili, in materia di Scienze forensi. Questa è certamente una novità che potrebbe giustificare una ufficiale riapertura del caso da parte dell'autorità competente; proprio perchè nel 1975 non era possibile intervenire in tal senso e proprio perchè, dunque, fino ad oggi mai hanno avuto luogo questi esperimenti scientifici, questi tentativi sui reperti del triplice delitto. Ed è altrettanto importante, e doveroso, sottolineare che vi sono almeno due sospettati del caso (entrati marginalmente ma a buon diritto nell'inchiesta su questa vicenda, a seguito di elementi di sospetto e indizi a loro carico alquanto preoccupanti e seri) sui quali poter effettuare esami di comparazione sul DNA (tentativo chiaramente possibile anche per accertamento su sospettati deceduti nel frattempo). Come spesso vado scrivendo quando mi occupo nel web di casi di cronaca nera, la memoria è una cosa molto importante: ricordare i fatti, ricordare ciò che è accaduto alle vittime, ricordare gli indizi e gli elementi di sospetto, è fondamentale per tenere viva l'attenzione e (soprattutto) per stimolare perennemente un'ansia di ricerca della verità (senza pregiudizi, qualunque essa sia).

Perchè ci sono ancora tre persone ed un cane che sono state brutalmente uccise senza avere giustizia. Perchè c'è un assassino del quale tutti i cittadini devono conoscere l'identità: che sia ancora vivo o che sia già morto. Perchè c'è una persona (Domenico Zarrelli) che è stata sì ripagata di tutto ciò che le è capitato ma che, per troppi anni, ha pagato al posto di questo vero assassino. Domenico Zarrelli è anche lui una vittima di questo assassino: la quarta vittima, come è riportato in una delle sentenze del Tribunale che lo hanno assolto.

Ogni volta che ho la possibilità e l'occasione di passare per via Caravaggio mi soffermo a guardare il palazzo al numero civico 78 e guardo quello che nel 1975 era il balcone di casa Santangelo. Non è facile descrivere le sensazioni che si avvertono, e vi lascio immaginare cosa si può provare entrando nel palazzo e arrivando dinanzi a quelle che erano le porte d'ingresso di casa Santangelo. Vederle come la sera in cui fu scoperta la strage: chiuse, con un silenzio totale che proviene dietro queste. Ma la sensazione più forte è quella di un luogo che rappresenta ancora una ferita aperta, per la giustizia italiana e per la società civile. Nella stanza che si trova dietro quel balcone, dietro le porte d'ingresso degli interni 21 e 22 al quarto piano ci sono ancora davanti agli occhi le immagini del sangue, di due corpi in decomposizione depositati in una vasca da bagno assieme ad un cagnolino, di una giovanissima ragazza avvolta su un letto in un lenzuolo impregnato di sangue. Di un tavolo da cucina apparecchiato per la cena e di una lettera scritta ad un fidanzato: simboli di una tranquillità distrutta d'improvviso da un orrore incredibile e indescrivibile. Una rabbia che è lucidamente esplosa trasformando una persona qualunque in un Jack lo squartatore.

C'è ancora odore di morte dietro quelle porte d'ingresso (ancora oggi identiche come nel 1975, quando il vigile del fuoco, che era entrato in casa Santangelo assieme alla polizia, si avvicinò ad una di esse gridando, al dottor Romano Argenio della Squadra Mobile, che lo attendeva sull'uscio, "Sangue! sangue!").

Quell'odore non scomparirà e quelle immagini di morte non se ne andranno da lì finchè non sapremo chi fu l'assassino di via Caravaggio. Finchè non sapremo chi uccise Domenico, Gemma, Angela, Dick.

Daniele Spisso