mercoledì 20 novembre 2013

Si può sperare in una svolta?

Gentili lettori, pubblico di seguito un link attraverso il quale potrete accedere ad un nuovo articolo scritto oggi dal giornalista Fabio Sanvitale per Cronaca-Nera.it in merito al triplice delitto dei Santangelo. Sanvitale divulga informazioni più esatte sul tipo di reperti acquisiti e sottoposti ad analisi di laboratorio, in questi ultimi mesi, su incarico della Procura della Repubblica di Napoli, dalla Scientifica della Polizia di Stato. Non posso che rinnovare il mio augurio affinché, una delle prossime settimane o dei prossimi mesi, veniamo raggiunti da qualche felice notizia per quel che riguarda l'identità dell'assassino e/o del suo eventuale complice. Indubbiamente ci sentiamo un po' tutti "sulle spine" in questo periodo perché c'è riservatezza massima attorno all'esito degli esami scientifici e perché, di conseguenza, ancora non possiamo sapere se iniziare a gioire oppure se dover essere ancora molto cauti. Speriamo bene davvero.

*Il link dell'articolo:

http://www.cronaca-nera.it/notizie/681-asciugamano-bicchiere-mozziconi-nome-assassino-via-caravaggio.html

Daniele Spisso

venerdì 8 novembre 2013

Il punto della situazione sulle novità del caso / Nuove considerazioni sul triplice delitto


Negli ultimi 8 mesi il caso della strage di via Caravaggio si è arricchito, rispetto al passato, di tre elementi nuovi. Ripercorriamoli in ordine cronologico:

-Marzo 2013 (programma tv "Il Giallo e il Nero"): la Dott.ssa Anna Maria Di Giulio, consulente scientifico, ha dichiarato che se dobbiamo prendere atto del fatto che nel 1975 le impronte di scarpa rilevate nelle tracce di sangue risultarono appartenere ad un numero di piede "41-42", sulla base delle rilevazioni tecniche di 38 anni fa, oggi nessuno può darci la certezza di una conferma o di una smentita dello stesso dato. In altri termini: sarebbe opportuno ripetere le analisi di laboratorio su quelle impronte. Perchè l'analisi di un dato di questo tipo richiede l'applicazione di un metodo scientifico estremamente rigoroso. Come le Scienze forensi insegnano, infatti, le impronte di scarpa vanno definite sia per caratteri generali (Forma - Dimensioni) che specifici (Creste papillari) e solo dopo un accurato studio si può pervenire ad un giudizio di "Utilità - Non Utilità - Non Utilità per confronti positivi / Utilità per confronti negativi". E gli strumenti che chiaramente esistono adesso consentono di operare tenendo conto di tutte le caratteristiche e di tutti i parametri. Evidentemente dobbiamo concludere che nel 1975 la Scientifica si limitò a prendere le misurazioni di quelle impronte così per come si presentavano "stampate" nelle macchie di sangue sui pavimenti. Sarebbe un metodo impreciso probabilmente perchè, ce lo ha detto la Dott.ssa Di Giulio, le impronte si erano formate attraverso tracce ematiche: il sangue, per la sua vischiosità, può alterare, può deformare le caratteristiche reali della scarpa che si è poggiata su di esso. Tutto questo significa, in estrema sintesi, che se oggi la Scientifica andasse ad esaminare quelle impronte, e se con un pò di fortuna fosse possibile arrivare a risultati di "Utilità", tanto potrebbe venire fuori la conferma di un piede numero "41-42", tanto potrebbe venire fuori un diverso numero di piede. Maggiore, ad esempio. Questo comporterebbe, poi, il dover rimettere in discussione tutto. Anche a livello di persone che sono entrate in questa storia. A qualcuno questa constatazione potrebbe far "cascare le braccia" ma dobbiamo accettare quello che oggi, e solo oggi, la Scienza ci consente di fare.

-Marzo 2013 (programma tv "Il Giallo e il Nero"): Santino Simonetti, figlio dell'inquilina di via Caravaggio 78 Caterina Simonelli, ci ha raccontato tutto ciò che realmente sua madre sentì la notte del 30-31 ottobre 1975. I Simonetti abitavano al terzo piano di quel palazzo e avevano l'appartamento in posizione sotto stante a casa Santangelo. Precisamente avevano la loro camera da letto in posizione sotto stante alla camera da letto matrimoniale e alla cucina dei Santangelo. Intorno alle ore 23:30 circa la signora Simonelli (che si trova nel proprio letto) avverte un grido soffocato di donna e un tonfo. Fino all'1:00 del mattino sente i passi di una persona che va avanti e indietro nella casa del delitto e che sembra non si preoccupi di nascondere la propria presenza. Si accorge anche di rumori da trascinamento prodotti da qualcosa di pesante che veniva spostato da un punto all'altro di casa Santangelo. Tra l'1:00 e le 3:00 cessano passi e rumori. Alle 3:00 ricominciano invece e terminano definitivamente alle ore 5:00. Durante il sopralluogo dell'8 novembre 1975 sera gli inquirenti notarono che gli orologi elettrici di casa Santangelo (l'assassino aveva staccato il contatore andando via definitivamente) erano fermi a poco dopo le ore 5:00 del mattino (del 31 ottobre). Tra le 3:00 e le 5:00 la signora Simonelli sente però i passi di due persone presenti in quella casa. O, almeno, è questa la sensazione che avverte. La sensazione di un "eco" provocato come dal passo di due persone che si spostano contemporaneamente in quella abitazione. Vale la pena di sottolineare che tra pagina 83 e pagina 86 delle motivazioni della sentenza del 6 marzo 1981 con la quale la Corte d'Assise d'Appello di Napoli assolse per insufficienza di prove Domenico Zarrelli, il Tribunale di secondo grado scrive che gli inquirenti ebbero l'impressione, a seguito dei rilievi della Scientifica, che sui pavimenti dell'appartamento vi fossero impronte di scarpa diverse. Alcune compatibili con un certo tipo di scarpa, altre con un'altra. E' un dubbio, però, sul quale il Tribunale di secondo grado non potè fare chiarezza di suo. Perchè (è scritto nelle motivazioni di quella sentenza) si può anche concludere che le impronte assunsero caratteristiche diverse in quanto i pavimenti delle stanze presentavano caratteristiche diverse. E questo può aver causato il formarsi di impronte apparentemente dissimili in realtà corrispondenti allo stesso tipo di scarpa. Come vedete abbiamo un motivo in più sia per ritenere possibile, verosimile la sensazione avvertita dalla signora Simonelli nella seconda parte di quella notte di orrori in casa Santangelo sia per prendere atto dei dubbi che la Dott.ssa Di Giulio ha legittimamente, scientificamente posto sull'infallibilità del numero di impronte di scarpa ricostruito dagli inquirenti nel 1975. Solo nuovi esami di laboratorio, adesso, potrebbero sciogliere tutti questi dubbi incrociati.

-Ottobre 2013 (portale di giornalismo-web "Cronaca-Nera.it"): il giornalista Fabio Sanvitale, con un suo articolo, ci porta pubblicamente a conoscenza di un fatto importante. E cioè: la Procura di Napoli (che nel frattempo ha riaperto l'indagine sul caso) ha disposto una analisi di laboratorio eseguita dalla Scientifica su macchie di sangue rinvenute su un reperto della scena del crimine, un asciugamano. L'esame si è concluso agli inizi del maggio 2013 ma la Procura ha, fino ad oggi, mantenuto assoluto riserbo sull'esito di questa verifica tecnica. Quindi per il momento non ci è dato sapere se l'esame ha incontrato insuccesso oppure se è venuto fuori un profilo genetico da quelle macchie di sangue e, in tal ultimo caso, a chi apparterrebbe. A una delle tre vittime o ad un soggetto estraneo che, a questo punto, dovrebbe essere l'assassino?

Io ho molta fiducia nell'operato e nella scrupolosità del Procuratore aggiunto di Napoli Dott. Giovanni Melillo, il magistrato inquirente che nel novembre del 2011 ha preso in mano questa terribile storia di cronaca (almeno al momento insoluta) sulla base di una relazione che fu depositata in Procura e che fornì una ricostruzione cronistica, criminologica e scientifico forense sui dati più importanti inerenti questa storia. Posso dire tutto questo con cognizione di causa perchè anche io partecipai (con altre 4 persone) alla preparazione di quella relazione. Contribuì alla stesura della parte cronistica, la firmai e partecipai (assieme agli altri) ad un colloquio che si tenne in Procura nell'ufficio del Dott. Melillo il 16 novembre 2011 per discutere del tutto con ognuno di noi.

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Sulla base di alcuni dei nuovi dati emersi proviamo a proporre ancora una ricostruzione dei fatti.

30 ottobre 1975, ore 23:30. Qualcuno bussa alla porta di casa Santangelo. Se questi viene fatto entrare nell'appartamento (da Domenico Santangelo) a quell'ora e in un momento in cui le vittime non si trovano insieme e non si trovano in condizioni tali per ricevere qualcuno (anzi: Gemma e Angela se ne restano rispettivamente in cucina e nella camera da letto matrimoniale) è perchè la visita è inaspettata. Ma si tratta di una persona che è familiare ai Santangelo o si tratta di un tizio che è voluto andare lì a regolare rapporti d'affari importanti anche senza preavviso? Ad ogni modo a riceverlo può essere stato proprio Domenico Santangelo. Nello studio. Se il movente è legato agli affari, e se questi affari non riguardavano il capo-famiglia in persona o direttamente, il Santangelo decide di perorare la causa e di affrontare la situazione al posto di altri. Se invece non è questo il movente, e quindi se si trattava di una persona che aveva un rapporto di familiarità con i Santangelo, allora doveva trattarsi di qualcuno che intendeva discutere o con Angela Santangelo o con Gemma Cenname (non possiamo però escludere che il motivo della visita fosse proprio Domenico Santangelo). Ma anche in questo caso possiamo ipotizzare che è Domenico Santangelo, il capo-famiglia, ad affrontare la situazione. Discute con l'ospite, dopo averlo ascoltato prende le difese della figlia o della moglie, una parola fuori posto, il raptus, la strage.

Fino all'1:00 del mattino l'assassino resta da solo in quella casa. Si da un bel da fare per spostare i cadaveri. All'1:00, però, ritiene di avere bisogno di un aiuto. Per che cosa non lo sappiamo. Chiama con il telefono di casa Santangelo una persona a lui molto nota. Gli spiega tutto e richiede il suo intervento. Se l'assassino fa tutto questo è perchè è più che sicuro che la persona da lui contattata terrà la bocca chiusa su tutto. Si fida. Non ci si può fidare di un estraneo. Assolutamente. Quindi deve esistere uno stretto rapporto tra l'assassino e questo complice. Interessi in comune o rapporti familiari in comune.

L'assassino, al telefono, gli dà indicazioni su dove si metterà ad attenderne l'arrivo. Il complice, infatti, arrivando in via Caravaggio, dovrà passare in corrispondenza di una certa finestra. Cosìcchè, vedendolo arrivare, l'autore del triplice delitto gli aprirà il portone dall'appartamento senza obbligare il suo complice a bussare dall'esterno. Rischiando così di produrre rumori sospetti, giù al palazzo, nel cuore della notte. L'assassino lo attende vicino al davanzale di una finestra.

Il complice arriva alle 3:00 del mattino. Trafficano in quella casa. Perchè? Per depistare le indagini? La Polizia ebbe l'impressione, nel 1975, che un pò tutta la scena del delitto si presentasse come "artefatta". Impressione giusta o sbagliata? Certo è che un motivo ci deve pur essere (se anche non fosse questo) per prolungare fino alle 5:00 del mattino una permanenza in quella casa.

Nella camera personale di Angela Santangelo la Polizia trovò un cassetto della scrivania aperto, la borsa rovesciata sul letto della ragazza, il contenuto all'esterno della borsa e sul letto. L'assassino aveva un legame con Angela e portò via qualcosa? L'assassino non aveva nessun legame con Angela ma si volle accertare che la ragazza non conservasse qualcosa di compromettente che portasse a lui? L'assassino non aveva nessun legame con Angela e, nella stanza della ragazza, mise in atto un depistaggio per far pensare ad un delitto compiuto per motivi collegati alla persona di Angela?

Il trattamento riservato al cadavere di Angela, con una certa cura - L'assassino lo fece perchè probabilmente provò rimorso per aver ucciso Angela, dopo essersi ripreso dal furioso raptus. Ma perchè provò rimorso? Perchè nutriva dei sentimenti verso Angela o perchè (pur non nutrendo sentimenti verso di lei) provava dispiacere nel fatto che c'era andata di mezzo anche la ragazza e per il semplice motivo che lei era stata presente in casa al momento dell'omicidio di Domenico e Gemma?

Il colpo da punta e taglio all'epigastrio di Angela / I cadaveri nella vasca riempita con acqua fredda / le porte chiuse delle stanze con dentro i cadaveri - Tutto questo fa proprio pensare all'agire di qualcuno che aveva nozioni di medicina. Lo disse il Medico legale perito della Procura della Repubblica di Napoli nel 1975, il Prof. Achille Canfora. Quindi chi compì quelle azioni successive poteva essere o un praticante di attività mediche o qualcuno che quanto meno aveva una istruzione su nozioni mediche. Non è da tutti, infatti, arrivare a escogitare certi sistemi successivamente al compimento di un omicidio. Lo dimostra il fatto, ad esempio, che nella puntata di "Blu Notte" del 1999 dedicata a questo caso il consulente scientifico della trasmissione, il funzionario di Polizia Dott. Silio Bozzi, non riuscì in sostanza a dare una spiegazione del perchè i cadaveri fossero stati adagiati dentro la vasca da bagno. Io stesso (che non sono un medico e che non ho fatto studi in Medicina), prima di leggere le considerazioni tecniche fatte nel 1975 dal Prof. Canfora, non riuscivo a spiegarmi il perché del deposito dei cadaveri di Domenico Santangelo e di Gemma Cenname nella vasca del bagno padronale.

 

Daniele Spisso

 

 

 

 

martedì 5 novembre 2013

L'assassino ebbe un complice? In tal caso, chi?


E' una domanda che dobbiamo porcela perchè grazie alla testimonianza di Santino Simonetti, che ha riportato in attualità le dichiarazioni rilasciate da sua madre (Caterina Simonelli) agli inquirenti nel 1975, è emerso (o è riemerso) un dato inquietante: e cioè che tra le ore 3:00 e le ore 5:00 del mattino del 31 ottobre 1975 furono da lei avvertiti, nell'appartamento al quarto piano di via Caravaggio 78, i passi di due persone. Che operavano con determinazione e in punti diversi della casa, contemporaneamente. Se questo scenario corrisponde a ciò che realmente è accaduto durante quella notte di orrori, due sono le conclusioni possibili: o l'assassino, all'1:00 del mattino, lasciò l'appartamento e vi tornò due ore dopo con un complice oppure l'assassino contattò il suo complice da casa Santangelo dopo la strage e lo attese lì per due ore. Alle 5:00 del mattino l'assassino e il complice lasciano definitivamente casa Santangelo. Per quale motivo (ad accettare questo scenario) l'assassino avrebbe avuto bisogno di un complice? Quando, nel corso delle mie ricerche, interpellai il Dott. Fausto Esposito (nel novembre 1975 il Dott. Esposito era stato da poco nominato sostituto Procuratore a Napoli e partecipò al sopralluogo in via Caravaggio la sera dell'8 novembre - quando furono scoperti i cadaveri della famiglia Santangelo) questi mi fece capire d'aver avuto l'impressione che in quella casa vi fossero, in giro, come dei falsi indizi. Ovvero: elementi "creati ad arte" per depistare o per cercare di depistare le indagini. Già sappiamo, per motivi cronistici, che questa fu una forte convinzione della Procura della Repubblica di Napoli nel 1975. Gli elementi con i quali la Procura di Napoli cercò di dimostrare questa propria convinzione si rivelarono però non accettabili e anche discutibili: perchè ufficialmente gli investigatori conclusero che il depistaggio, la costruzione di falsi indizi, si era verificato 24 ore dopo la strage (la notte tra il 31 ottobre ed il 1° novembre 1975) sulla base di una testimonianza arrivata (in maniera sospetta) solo nel maggio del 1976 (e dopo l'arresto di Domenico Zarrelli) per intervento di un vigile urbano, tale Arfè. 24 ore dopo un delitto, quando il sangue già si è coagulato, è impossibile "stampare" false impronte di scarpa dentro imbrattamenti ematici (mi è stato confermato da un Medico legale che ho interpellato nel corso delle mie ricerche). Il vigile urbano Arfè fornì una versione che non trovò riscontri oggettivi e si rivelò anche essere un teste poco "raccomandabile": perchè aveva precedenti per estorsione (in seguito riportò una condanna per questo reato). Però, detto questo, vale la pena chiederci ugualmente: un depistaggio comunque può essersi verificato? La notte stessa in cui fu compiuta la strage (30-31 ottobre 1975)? E' stato il complice dell'assassino a firmare questo sviamento delle indagini? Certo è che la testimonianza della signora Caterina Simonelli lascia comunque pensare una cosa del genere. O comunque ci porta, a questo punto, su un tremendo dubbio: in un secondo momento sarebbe intervenuto qualcun altro che, con l'assassino presente insieme a lui, si è messo a "trafficare" in quella casa. Che l'obiettivo dei due fosse o meno lo sviamento delle indagini. Consideriamo che passano due ore dall'arrivo del complice e che quest'ultimo e l'assassino restano in quella casa per due ore. Sulla base di quanto ha potuto udire la signora Simonelli. Un indizio molto importante, che all'epoca fu trovato in quella casa, riguardava le impronte di scarpa "stampate" nel sangue. Erano impronte dell'assassino lasciate inavvertitamente? Erano impronte lasciate ad arte dall'assassino o dal suo complice per sviare le indagini? Erano impronte di scarpa lasciate inavvertitamente dal complice? Quest'ultima ipotesi non possiamo scartarla. Se lo scenario del "complice" corrisponde a quanto realmente accaduto chi può essere stato a muoversi in quella casa (oltre l'assassino) tra le 3:00 e le 5:00 del mattino del 31 ottobre 1975? Certamente (istintivamente) il pensiero corre alla pista-Turro: il malavitoso calabrese, finto Ingegnere, coinvolto nella storia misteriosa (e sinistra) della casa di campagna di proprietà di Gemma Cenname datagli in locazione nel febbraio 1975. Il pensiero corre a questa pista per due ragioni: Annunziato Palmiro Turro era un delinquente e se ha agito lo ha fatto sicuramente anche per proteggere loschi interessi altrui; Angela Santangelo, due giorni prima di morire, parlò in ufficio di un Ingegnere e della sicurezza di sapere che sarebbe morta "scannata". Per quanto riguarda la pista-De Laurentiis invece? Sarebbe stato facile per quest'altro potenziale sospettato (il medico Inam) procurarsi nel cuore della notte un complice (e chi?) che lo aiuti a "trafficare" in quella casa per oscuri motivi? Se c'è stato un complice, questi ha accettato di aiutare l'assassino a fare qualcosa in quella casa, in un secondo momento, per due sole ragioni: affari (o comunque interessi) in comune; rapporti familiari in comune. Nessun assassino si rivolge, se dovesse avere bisogno di un complice, ad una persona a lui estranea e che in ogni caso non condivide con lui qualcosa che ha a che fare direttamente o indirettamente con un reato commesso. Infine dobbiamo chiederci: perchè chi operò in via Caravaggio adagiò una vestaglia celeste sulla pozza di sangue formatasi sul pavimento della camera da letto matrimoniale, ai "piedi" del letto sul quale era adagiato e avvolto in lenzuola e sotto una coperta il cadavere di Angela Santangelo? La vestaglia si trovava su quella pozza ematica per caso? La mise lì l'assassino perchè non sopportava la vista del sangue? La mise lì l'assassino per evitare che si notasse l'impronta di scarpa "stampata" nella pozza? (Ma escludiamolo perchè sarebbe stata scoperta comunque - e così avvenne infatti. E comunque sarebbe bastato "cancellarla" subito) O c'era qualche altro motivo? Una nuova inchiesta dovrà occuparsi a mio avviso anche di questa serie di elementi "collaterali".
Daniele Spisso